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Cisco, cloud fa rima con competitività

Pignataro: “Ma i service provider dovranno essere pronti a cambiare pelle”

Pubblicato il 21 Dic 2012

Patrizia Licata

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L’esplosione del traffico del data center è la notizia che a volte sfugge quando si parla di cloud. Trend in via di reale consolidamento nel mondo dell’Ict, cloud – lo sappiamo – vuol dire erogare servizi Ict “su richiesta”. Ma come mette bene in luce il Cisco Global Cloud Index (2011-2016), che si riferisce allo scambio dati su Ip, il traffico data center globale si sta moltiplicando per quattro, pronto a raggiungere un totale di 6,6 zettabyte annui entro il 2016, e il traffico cloud rappresenta la componente a più alto tasso di crescita (con un Cagr del 44% tra 2011 e 2016).

“La stragrande maggioranza del traffico data center viene generato dai data center e dai workload di cloud computing. Che varranno 4,3 zettabyte nel 2016, secondo le previsioni di Cisco Systems”, sottolinea Giorgio Pignataro, Direttore Operazioni Mercato Service Provider, Media e Broadcaster di Cisco Italy. “Nel 2011-2016, il 76% del traffico data center rimarrà all’interno del data center stesso”.
Non basta allora installare qualche server in più: occorre attrezzare i centri dati con reti dalle prestazioni elevate e architetture potenti, scalabili, innovative. Per questo l’offerta di Cisco è declinata sia sul lato delle infrastrutture avanzate per ultrabanda larga sia sul lato data center, con piattaforme pensate per gestire l’esplosione del traffico alimentata soprattutto da big data e strumenti evoluti di collaborazione (video) in azienda.
“In questo modo il cloud diventa elemento di competitività, per le singole aziende e per il sistema-Paese”, sottolinea Pignataro. Il cloud è infatti in grado di stimolare un virtuoso ed efficiente ecosistema di partner che mettono insieme un’offerta completa ed evoluta: non dimentichiamo che dietro la nuvola si nasconde un mix di competenze che spaziano dalle telecomunicazioni allo storage passando per l’elemento chiave delle applicazioni. “Cisco come vendor acquisisce componenti hardware e software per potenziare il proprio portafoglio di offerta cloud: i service e cloud provider dovranno seguire un approccio simile, perché il loro business non è più la vendita di soluzioni Tlc ma l’erogazione di servizi Ict, dove la componente applicativa è fondamentale”, spiega Pignataro.

Poiché le applicazioni non sono parte del tradizionale core business dei service provider (SP), sarà fondamentale trovare collaborazioni con società che fanno delle applicazioni il cuore delle proprie attività. “Il cloud è un mezzo per usufruire di servizi e applicazioni e l’operatore, aiutato da Cisco, offre ai suoi clienti gli strumenti per ottenere servizi in modalità on-demand”, sottolinea ancora il top manager.

Anche in Italia i provider si stanno attivando per offrire servizi cloud e ferve l’interesse a stringere parnership; tra l’altro, questo rinnova il business model delle telco e non solo tramite i partner dell’ecosistema che possono spingere il posizionamento sul mercato dei prodotti dei service provider ma perché il trend in atto porta i provider a “cambiare pelle”, aggiungendo sempre più ai tradizionali servizi Tlc quelli dell’Ict, con la costruzione di un vero e proprio marketplace in cui i due mondi non sono più separati. “Molti operatori ci indicano che i loro clienti richiedono servizi in modalità cloud”, osserva Pignataro, “anziché i classici servizi telecom”. Questi ultimi non muoiono, ma salgono sulla locomotiva del cloud e ricevono nuova spinta: gli operatori, attrezzandosi per affrontare il mercato con un portafoglio di servizi cloud-based, consentiranno a questi ultimi di agire da traino per i loro servizi tradizionali (banda, fonia, ecc.). Cisco, oltre a proporsi come “abilitatore tecnologico” a trecentosessanta gradi per SP di nuova generazione, ha anche predisposto una struttura interna chiamata Cisco Capital che aiuta gli operatori a finanziare i progetti cloud, permettendo loro di fare il salto di qualità subito, ma diluendo i costi nel tempo.

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