IL RAPPORTO

Banda larga, Italia “fast mover”: l’offerta cresce del 14%

Secondo il rapporto I-Com il nostro Paese cresce più della media europea che si ferma al 5%. Investimenti in aumento del 18%. Penetrazione del 4G e copertura broadband fissa e mobile le chiavi di volta. Da Empoli: “Ora stimolare la domanda con uno switch-off graduale e incentivi fiscali”

Pubblicato il 11 Nov 2015

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La strada da fare per mettersi alla pari con gli altri Paesi più avanzati nella penetrazione della banda larga è ancora lunga, ma l’Italia sembra ormai aver ingranato la marcia giusta, che la sta portando a recuperare terreno. A condurre il gruppo dei paesi virtuosi quest’anno c’è la Danimarca, che ha scalzato la Svezia dalla prima posizione, mentre l’Italia, pur in venticinquesima posizione, ne recupera una rispetto allo scorso anno.

A certificarlo sono i dati del rapporto I-Com 2015 su reti & servizi di nuova generazione, presentato oggi. Rispetto allo scorso anno però l’Italia registra una variazione positiva del 14% del punteggio Ibi complessivo, crescendo quindi di più della media europea, che avanza del 5%, e collocando il Paese nella lista dei “fast mover”, quelli cioè che stanno avanzando più velocemente essendo partiti da una posizione di ritardo.

Il recupero in atto può essere motivato soprattutto con l’offerta, che è cresciuta grazie agli investimenti degli operatori del 18% rispetto all’anno precedente. A concorrere a questo risultato il fatto che gli operatori stiano mettendo in campo risorse per favorire lo sviluppo delle infrastrutture digitali, e che il Governo abbia definito la strategia, dal lato della domanda e dell’offerta, e stia cominciando a convogliare risorse ingenti, a partire dalle aree a fallimento di mercato, mentre Agcom sta definendo le regole di accesso a garanzia della necessaria parità tra gli operatori.

Così il fronte che in questo momento desta qualche preoccupazione è quello della domanda, che dipende in misura rilevante da variabili socio-economiche strutturali “In questo ambito – sostiene Stefano Da Empoli, presidente dell’istituto per la competitività – l’intervento pubblico ci pare ancora più necessario per dare quella scossa che consenta alla macchina che si è messa finalmente in moto di non rallentare ma anzi di accelerare ulteriormente. Le misure non più eludibili sono a nostro avviso di due tipi – prosegue – : un deciso salto in avanti nel processo di e-government, con la possibilità di prevedere un switch-off vasto e generalizzato per alcuni servizi pubblici offerti oggi anche o esclusivamente in modalità analogica (per esempio, pagamento delle imposte, prenotazione/pagamento di visite o esami sanitari, richiesta informazioni anagrafiche), come a suo tempo si è fatto sulla tv. Naturalmente, il processo verso il switch-off dovrebbe essere graduale, annunciato con grande anticipo e accompagnato da un’informazione chiara e capillare. Ma, se siamo riusciti a farlo per un bene simbolo e usato in modo massiccio in primo luogo dalla popolazione anziana come la televisione, con il digitale terrestre, non si vede perché non lo si possa replicare su alcuni servizi pubblici”.

Le seconda misura, secondo Da Empoli, sono gli “incentivi di carattere fiscale alla domanda ovvero tramite voucher per abbonamenti alla banda ultralarga, in modo da spingere un numero elevato di italiani a fare il salto nel mondo digitale, abbassando l’asticella che oggi appare per molti troppo alta, sia per motivi economici che culturali. E incentivare gli operatori a garantire una connettività più elevata di quella che si spingerebbero a offrire in base alla domanda attuale, che in molte circostanze non pare disponibile a pagare il delta di prezzo indispensabile a remunerare gli investimenti necessari. Attraverso un giusto mix di queste due tipologie di misure – conclude – non solo si garantirà un processo di digitalizzazione più veloce ma si potrà contribuire in maniera sostanziale alla crescita dell’economia e della società italiana”.

La possibilità di sinergie tra l’industria dell’audiovisivo e le telecomunicazioni ha cominciato a palesarsi sin dalla prima espansione di Internet, a metà degli anni ’90. Oggi il fenomeno sta entrando in un nuovo e più significativo stadio di avanzamento, come effetto combinato di più tendenze ormai evidenti in tutti i mercati mediatici più maturi.

Il report analizza dunque il fenomeno della convergenza telco-media. I servizi Ott, che distribuiscono contenuti video, cinematografici e televisivi attraverso l’open internet, stanno mettendo a segno una crescita esplosiva a livello mondiale: si parla di 26 miliardi di dollari raggiunti entro il 2015 e destinati a raddoppiare nel giro dei prossimi 5 anni. Operatori come Netflix (69 milioni di utenti complessivi) e Amazon (80 milioni di iscritti al servizio premium di eCommerce Prime), hanno alimentato la crescita del fatturato del video on demand ad abbonamento, ponendolo come modello competitivo non solo rispetto all’home entertainment su supporto fisico ma anche rispetto alla pay-tv.

“Gli operatori televisivi di cavo, satellite e Dtt hanno conosciuto un decisivo rallentamento nella crescita della propria base clienti: il secondo trimestre del 2015 ha visto in particolare un’impennata nel cord cutting, cioè nell’abbandono dei servizi audiovisivi lineari a pagamento, con ben 23 Paesi colpiti dal calo netto di abbonati – si legge nel report – Dagli Stati Uniti all’Europa e all’Italia, i principali operatori di pay-tv stanno stringendo inedite alleanze, se non addirittura fusioni, con le telco per lanciare offerte triple o quad play, in grado di combinare contenuti televisivi e servizi di telefonia, sostenendo così il comparto preso d’assalto dagli Ott.

In questo contesto il mercato italiano è oggetto di forti aspettative rispetto alla crescita della domanda di servizi/contenuti, trainata dai forti investimenti in nuove reti infrastrutturali pubblico-private. In Italia il mercato dell’on demand vale solo 40 milioni (dato I-Com), contro i 686 di UK e i 249 della Francia (dati Gfk). Ci si aspetta, tuttavia, che anche questo settore possa crescere rapidamente, anche grazie all’ingresso di operatori come Netflix.

“L’approdo di Netflix sul mercato italiano è stato salutato con una euforia che crediamo importante ricontestualizzare: la nuova piattaforma darà origine ad una trasformazione percepibile non tanto sul piano numerico degli abbonamenti (I-Com stima saranno pari a 150.000 unità entro la metà del 2016), quanto su quello della concorrenza, contribuendo a rendere ancor più dinamico un mercato ancora sottodimensionato rispetto al suo potenziale” – sottolinea Bruno Zambardino, direttore Osservatorio Media di I-Com – Non solo. Netflix avrà un ruolo centrale anche nella riduzione del fenomeno della pirateria e potrà posizionarsi come inedito interlocutore per i produttori di contenuti, agendo cioè come nuove canale di finanziamento rispetto a quelli canonici”.

Per il commissario Agcom, Antonio Nicita, “la convergenza tra reti e contenuti costituisce una irrinunciabile occasione per il decollo degli investimenti in banda ultra larga in Italia, l’innovazione dei modelli di business, l’ampliamento e la semplificazione delle scelte del consumatore. Le authorities continueranno a vigilare per prevenire nuove posizioni dominanti attraverso esclusive ingiustificate sui contenuti o ingiustificati ostacoli all’interoperabilità degli standard per la loro fruizione”.

“L’implementazione della banda ultralarga, che verrà implementata in Italia attraverso il piano del governo, è una leva essenziale dello sviluppo dei servizi – ha sottolineato il deputato Pd in Commissione Bilancio, Sergio Boccadutri – Il regolatore e il legislatore devono accompagnare la transizione completa verso il digitale, che porterà alla convergenza dei diversi media, a partire dal settore delle trasmissioni tv, garantendo tutela degli utenti e rispetto delle regole di concorrenza. In particolare, grazie al recente accoglimento di un mio ordine del giorno è stata messa nelle mani del Governo la possibilità per la Rai di essere attiva anche attraverso un’offerta di contenuti veicolata tramite internet. Non solo le trasmissioni live ma soprattuto la catch up può far diventare la TV la application killer per la diffusione degli abbonamenti di banda ultra larga.

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