Zuliani: “Investimenti e innovazione, così Netflix sta già cambiando il mercato italiano”

L’autore di “Netflix in Italia e il Big bang di cinema e Tv” spiega a CorCom le strategie del colosso americano e l’impatto sugli obiettivi dei competitor: “Grazie alla forza finanziaria e all’innovazione riescono a sconvolgere i paradigmi che governano il settore”

Pubblicato il 10 Dic 2015

Roberta Chiti

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L’aveva anticipato, Stefano Zuliani, nel suo libro “Netflix in Italia e il Big bang di cinema e Tv” edito da Gruppo 24 Ore. “L’ingresso della piattaforma in Italia – scrive – farà da driver innovativo per tutto il settore audiovideo”. Infatti: Netflix è sbarcato nel nostro Paese il 22 ottobre e già si registrano i primi segnali di cambiamento.

È di questo periodo la notizia secondo cui Sky lancerà un “super decoder” per connettere contemporaneamente cinque terminali. Anche le vendite di Tv di nuovissima generazione (le cosiddette “4K”) riceveranno dal “fenomeno” una spinta perché “con il suo brand forte aiuterà a far conoscere e spingere l’intero mercato Svod in Italia” annota Marta Valsecchi direttore Osservatorio Internet Media del Polimi.

Ma l’innovazione più grande viene dalla Rai che progetta, annuncia il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto, una “Rai-pay” con calcio, film e serie tv a pagamento. Anche dal fronte telco, come dal fronte istituzionale, ci si aspettano sommovimenti positivi: “Può rappresentare una spinta sulla domanda di banda larga” ha detto il presidente Agcom Marcello Cardani. Insomma Netflix metterà in discussione le posizioni di forza di molti operatori, rivelando le rigidità di un sistema Tv cristallizzato. Attraverso analisi e interviste a decine di protagonisti del mondo italiano di video e film, il libro di Zuliani offre una moltitudine di chiavi di lettura a questo Netflix “angelo sterminatore”, leva di innovazione per l’intero settore.

Zuliani, una rivoluzione globale?

Di fatto, dove Netflix arriva costringe i player a un adeguamento che cambia i paradigmi del mercato. Negli Usa Hbo, fornitore di contenuti, decide di lanciare una piattaforma di distribuzione in streaming. In Italia Sky intraprende una strada di integrazione rappresentata dal suo “scavallamento” sulla Tv free perché ritenuto indispensabile per le caratteristiche del nostro mercato.

Si assiste a un graduale espandersi dei vari player lungo la catena del valore. La battuta che fanno quelli di Netflix è: vogliamo battere Hbo nella produzione di contenuti prima di quanto Hbo batta noi a distribuirli. Si sta innescando una concorrenza che amplia man mano il suo raggio perché tutto sommato non ci sono barriere competitive enormi all’entrata in questo settore.

Netflix è arrivato in Italia a ottobre: finora il catalogo è scarno. Perché?

Netflix punta sulla serie tv, una tipologia sotto il cui profilo la piattaforma presenta un catalogo particolarmente ricco. In Italia ha venduto i diritti della sua perla House of Cards a Sky che non gliel’ha rivenduta. Al contrario Orange is the new black, ceduta a Mediaset, è tornata per il Vod nelle sue mani. Si tratta di vedere come saranno orientati gli investimenti in ogni paese in cui è attivo. Finora ha destinato il 20% alle produzioni locali: così è stato in Francia, mentre in Italia la collaborazione, finora partita su Suburra, si prevede sarà via via orientata a un cherry picking su giovani talenti, autori di cassetta e autori di riconosciuta eccellenza.

Crede che anche sul fronte della produzione Netflix porti con sé dei vantaggi?

Il mercato audiovideo italiano soffre di uno status asfittico: Netflix ha la forza finanziaria – può contare su 55 miliardi di capitalizzazione – per sbloccare una serie di meccanismi di stallo. In qualche modo si configura come un gancio, per le realtà locali, per diventare internazionali, anche in termini commercializzazione di contenuti che noi italiani siamo bravi a produrre.

Prima dello sbarco di Netflix sembrava che la carenza di banda larga nel Paese costituisse un ostacolo.

Non è mai stata un limite, e del resto si è verificata un’accelerazione su questo fronte impressa dal governo con il suo piano: oggi siamo al 55% di penetrazione internet contro una media europea del 72%. Senza contare la diffusione degli smartphone sopra ai 30 milioni e la conseguente affermazione del consumo di video su terminali mobile: un versante che vede ben posizionato Sky ma su cui anche Netflix certamente cercherà di imporsi.

Che ruolo gioca la pubblicità nel successo di Netflix?

La dinamica è complessa. Per Netflix la produzione di contenuti è la chiave distintiva per entrare nei mercati, ma anche per farsi pubblicità. La faccia di Kevin Spacey, il protagonista di House of Cards, andata su tutti i media del mondo, ha fatto da testimonial “gratuito” per la piattaforma. Uno “stratagemma” che ha aggiunto 50 milioni di investimenti promozionali a una produzione costata 100 milioni. Negli Usa Netflix pesa per l’11% degli investimenti in nuova produzione di contenuti (3,4 miliardi di dollari nel 2015 e 5 previsti per il 2016). Verosimilmente investiranno in Italia in serie Tv fortemente connotate – del resto lo hanno già fatto con Suburra insieme a Rai, un’operazione che prelude a eventuali altri accordi win win – e qualche film alleandosi con i player più forti: in Italia se ne contano quattro o cinque.

Che tappe verranno seguite per l’arricchimento del catalogo?

Verranno spinti gli investimenti in base alla risposta del pubblico. C’è da dire, a questo proposito, che in Italia non c’è un’abitudine alla Tv “interattiva”, e nemmeno una grande cultura audiovisiva nonostante un passato glorioso di sale piene con i film di Fellini, De Sica e altri. Una stagione irripetibile: i box office registravano 700 milioni di biglietti venduti alla fine dei ’60, rispetto ai circa 100-120 milioni registrati stabilmente negli ultimi 20 anni. Una cartina di tornasole del mercato italiano è rappresentata del resto dalle strategie di una tv a pagamento come Sky che investe nel free – vedi Mtv e Cielo – a indicare di quanto ci troviamo in un terreno anomalo, frutto di mezzo secolo di tv generalista e di decenni di duopolio.

Un “blocco” che ha frenato anche la produzione?

Evidente che di fronte a due operatori dominanti, Rai e Mediaset, l’intera filiera dipenda da loro. Con la conseguenza dunque di un accumulo di tutti i tipi di diritti nelle loro mani. L’altro grande ostacolo è la pirateria, un giro d’affari che vale 500 milioni di euro e che ha più di una responsabilità: oltre all’erosione di ricavi per il mercato legale, anche il giocare un ruolo forte nell’abitudine tutta italiana al “tutto gratis”.

Che ruolo giocano in tutto questo le “finestre”?

Le windows costituiscono uno steccato dal momento che regolano temporalmente la distribuzione di prodotti audiovisuali sui vari canali bloccandone la circolazione. Ma è un sistema messo alla prova dal numero crescente di dispositivi in grado di riprodurre video e da una domanda sempre meno disposta a rimanere confinata in limiti etero-imposti. Là dove irrompono le produzioni “in proprio” di Netflix e altri Over the top, lo schema delle finestre tende a rompersi. Anche in questo senso il colosso del video-streaming sarà un crash test per l’Italia: aumenterà il conflitto sui tempi imposti dalle sale. Nello stesso tempo viene visto da una certa parte della produzione come una vera e propria chance alternativa di distribuzione.

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