TECNOLOGIA

Orologi svizzeri, tempo scaduto: storico sorpasso degli smartwatch

Il rapporto Strategy Analytics certifica il passaggio di testimone dai segnatempo classici made in Svizzera (7,9 milioni di pezzi spediti) a quelli intelligenti (8,1 milioni). Per gli analisti a Ginevra e dintorni hanno sottovalutato la portata di quella “smart”

Pubblicato il 19 Feb 2016

Antonio Dini

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Non sembrava possibile, eppure per la prima volta sul mercato dell’orologeria i segnatempo intelligenti secondo Strategy Analytics hanno superato per volume il mercato dei segnatempo tradizionali. Nell’ultimo trimestre del 2014 infatti le spedizioni di orologi smart nel mondo hanno toccato quota 8,1 milioni di pezzi con una crescita del 316% anno su anno mentre quelli tradizionali si sono fermati a quota 7,9 milioni di pezzi, con un rallentamento del 5% solo in Svizzera.

Secondo Reuters, che alcune settimane fa aveva portato avanti un’inchiesta sullo scontro fra mercati dell’orologeria tradizionale con quella “smart”, il sorpasso per volumi era facilmente prevedibile. Infatti già nel nel terzo trimestre del 2015 le vendite degli orologi svizzeri sono diminuite dell’8.5%, con un –9,9% per il solo mese di settembre.

La fascia degli orologi tradizionali più colpita è stata quella tra i 200 e i 500 dollari (cosa che per adesso tiene al sicuro la maggior parte dei grandi marchi dell’alta orologeria svizzera) e l’area geografica che ha visto il calo più significativo è l’Asia. Qui pesa sicuramente anche la normativa introdotta dal governo cinese che inasprisce le sanzioni per i funzionari pubblici che accettano regali costosi: gli orologi di marca sono da sempre “moneta corrente” in Cina per “sciogliere” le complesse pratiche burocratiche e avere una buona introduzione nei palazzi di Pechino e delle amministrazioni locali e la legge ha avuto un impatto a doppia cifra sulle vendite in quel Paese.

Nel complesso però gli analisti sono unanimi nel riconoscere che il motivo di questo clamoroso sorpasso è dovuto sostanzialmente alla sottovalutazione da parte dell’industria dell’orologeria tradizionale, soprattutto svizzera ma oggi anche tedesca e in parte francese e italiana, del potenziale degli smartwatch. È la seconda volta storicamente che una “onda anomala” rischia di sollevarsi sino alle vette delle Alpi e travolgere gli assetti consolidati in quell’area: la prima volta fu negli anni Settanta ad opera del Giappone con gli orologi al quarzo (per ironia della sorte creati con una ricerca finanziata da aziende svizzere del settore) e oggi invece sono gli smartwatch.

In una recente graduatoria stilata da Juniper Research sulla base di un campione di duemila persone tra Usa e Gran Bretagna sui migliori brand per gli “indossabili”, tra 21 marchi i primi sono stati Apple, Samsung, Google, Lg, Sony e Nike. Il primo produttore tradizionale di orologi è in settima posizione e si tratta di Rolex, che precede UnderArmour, Tag Heuer, Ralph Lauran e G-Shock (marchio di Casio).

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