INFRASTRUTTURE

Analisi costi-benefici, ecco come finanziare (bene) le grandi opere

L’Acb è fondamentale per le scelte di investimento. Ma in Italia, nonostante sia prevista per legge, è praticamente inutilizzata. La ricetta dell’associazione “I Costi del non fare” e di Agici per superare l’impasse

Pubblicato il 26 Apr 2016

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Per anni decine di miliardi di fondi europei inutilizzati o utilizzati solo parzialmente. Opere progettate e poi rimaste sulla carta. Grandi incompiute. La storia recente e meno recente del nostro Paese è costellata di esempi di infrastrutture rimaste nel libro dei sogni. E, nella gran parte dei casi, la ragione di questi insuccessi risiede nella scarsa qualità dei progetti alla base degli investimenti programmati.

La riforma del Codice degli appalti, da poco decollata, è l’occasione per rilanciare strumenti adeguati per valutare e selezionare bene le scelte prioritarie d’investimento e i progetti sui quali con concentrare le risorse finanziarie disponibili. Come valutarne la qualità? Quali i criteri più idonei di valutazione, selezione e finanziamento delle infrastrutture prioritarie?

L’Osservatorio I Costi del Non Fare, che da oltre un decennio rileva i benefici e i costi delle politiche infrastrutturali in settori diversi nel nostro Paese, promuove un confronto tra i soggetti interessati per discutere le modalità di rilancio della capacità del Paese di pianificare, progettare e finanziare opere di indubbia rilevanza e priorità. E l’occasione sarà il seminario “Finanziare bene le infrastrutture. L’Analisi Costi Benefici e i Progetti di Qualità” che si terrà giovedì 28 aprile 2016, dalle 10:00 alle 13:00, a Roma, presso l’Auditorium via Veneto in via Veneto 89.

Per richiedere di partecipare all’evento, che è a porte chiuse, è necessario compilare la scheda su www.agici.it/prossimi-eventi/. La conferma sarà inviata in tempi ristretti.

“In tutto il mondo e nelle grandi istituzioni internazionali l’Analisti Costi Benefici (Acb) rappresenta la metodica più diffusa sia a livello strategico (quando si deve scegliere tra infrastrutture alternative), sia a livello di singolo progetto (quando si devono definire le caratteristiche di un intervento). Essa misura e compara costi e benefici direttamente e indirettamente ricollegabili agli investimenti” sottolineano il professor Andrea Gilardoni, presidente di Agici, e Stefano Clerici, responsabile dell’Osservatorio I Costi del Non Fare, che terranno le relazioni introduttive in occasione del seminario.

Sono previsti interventi di esponenti delle istituzioni – Raffaele Tiscar, vicesegretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Stefano Scalera del MEF, Ennio Cascetta del MIT – della finanza – Antonino Giuffrida della BEI; Federico Merola di Arpinge; Antonella Baldino della CDP; Sergio Lugaresi della World Bank – e di esponenti delle utilities e dell’industria.

In una situazione di risorse pubbliche scarse, la valutazione e selezione delle infrastrutture è fondamentale per orientare correttamente gli investimenti anche privati verso le opere prioritarie per lo sviluppo del Paese. L’Analisi Costi Benefici (Acb), in questo senso, rappresenta un valido strumento per valutare l’utilità economico-sociale delle diverse alternative progettuali. Questa metodologia ha una ampissima diffusione nel mondo grazie anche a manuali diffusi dai maggiori organismi internazionali (World Bank, Ocse, Bei, ecc.) e all’adozione di linee-guida per un corretto utilizzo nei principali paesi europei (Francia, Inghilterra, Germania). In Italia, invece, è stata tuttavia fin qui sostanzialmente disattesa.

Questo strumento può certamente contribuire a identificare progetti utili (che sappiano cioè rispondere a esigenze sociali, ambientali, economiche e produttive), realizzabili nel rispetto dei tempi e dei costi pianificati, finanziariamente sostenibili e bancabili. In generale, si può affermare che l’ACB presenta notevoli pregi, uno fra tutti l’ottimizzazione del benessere sociale (Welfare) e dell’uso di risorse scarse.

L’Acb è anche la base di partenza per la definizione di un rating sociale. Ovvero di un indice sintetico che permetta di comunicare efficacemente e rapidamente la qualità di un’opera dal punto di vista economico, ambientale e sociale, ma anche finanziario. Ciò con evidenti effetti positivi su commitment della PA, sulle scelte di molti investitori interessati al ritorno sociale e sulla valutazione del progetto da parte di stakeholder e popolazioni.

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