REGOLE MERCATO TLC

Preto: “Niente monopoli e qualità per gli utenti. Ecco la filosofia di Agcom”

Il commissario traccia le linee delle prossime sfide dell’Autorità per le Tlc. E sui bandi Infratel dice: “Un successo la presenza di una pluralità di operatori”. Banda 700Mhz: “Hanno ancora senso tutti i multiplex assegnati alle TV?”

Pubblicato il 13 Set 2016

Gildo Campesato

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“È un bene che alle gare per i bandi Infratel nelle aree C e D partecipino una pluralità di operatori, anche wholesale”, dice in questa intervista a Corcom il commissario Agcom Antonio Preto. Tuttavia, avverte, “vanno evitati nuovi monopoli garantendo parità di accesso ma anche prezzi di accesso regolati dall’Autorità”.

Per le aree bianche è scoccata l’ora dei bandi Infratel. Quale è stato il ruolo di Agcom?

Nelle aree a fallimento di mercato l’intervento pubblico è necessario ma non sufficiente. Una volta realizzata, bisogna anche garantire che l’infrastruttura sia messa a disposizione di tutti a condizioni eque e ragionevoli. Di cattedrali nel deserto ne abbiamo abbastanza. La realizzazione di un’infrastruttura con fondi pubblici senza garantire ai terzi l’accesso a condizioni regolate avrebbe di fatto attribuito al concessionario una rendita di monopolio con conseguente uso inefficiente delle risorse pubbliche e senza benefici per la collettività.

Con la delibera n. 120/16/CONS, Agcom, in linea con quanto disposto dagli orientamenti della Commissione europea, ha approvato le linee guida per la determinazione delle condizioni economiche che gli operatori aggiudicatari dovranno praticare agli operatori terzi che domandano accesso alla rete finanziata.

Con che obiettivo?

Secondo le linee guida, i prezzi di accesso alle reti finanziate dovrebbero garantire al concessionario la remunerazione dei costi di gestione e manutenzione e al contempo evitare che nei mercati finali si generino extraprofitti per le imprese. Inoltre, il meccanismo di determinazione dei prezzi, messo a punto da Agcom, consente di generare risorse da destinare, compatibilmente con le norme europee sugli aiuti di Stato, al finanziamento della domanda. Possiamo ritenerci soddisfatti: sia il primo bando che il secondo tengono strettamente conto di quanto indicato da Agcom.

A differenza del passato, al primo bando hanno partecipato più operatori

È già un primo successo. Se ci sono più imprese che partecipano a una gara per aggiudicarsi il diritto di realizzazione e di gestione di un’opera pubblica, con ogni probabilità questa sarà realizzata e gestita dall’aggiudicatario nel modo più efficiente. Sono gli effetti della “concorrenza per il mercato”. Quanto alla “concorrenza sul mercato”, ci penseranno le linee guida di Agcom ad assicurarla. In sintesi, la selezione dell’impresa più efficiente dovrebbe essere assicurata dalla gara, mentre una concorrenza effettiva sul mercato dovrebbe essere garantita dai prezzi di accesso definiti nel rispetto delle linee guida di Agcom.

Alla gara partecipano anche operatori wholesale only, cui viene riservato un punteggio maggiore.

In perfetta sintonia con gli orientamenti comunitari, le linee guida di Agcom suggeriscono alla stazione appaltante di prevedere nel bando un punteggio maggiore per gli operatori wholesale only. Del resto, l’operatore wholesale only garantisce la parità d’accesso, elemento essenziale per garantire una concorrenza effettiva sui mercati finali.

Ma chi vince, sarà comunque monopolista nella sua area.

È per questo che la regolazione dei prezzi d’accesso è necessaria anche in presenza di parità d’accesso. In assenza di una regolazione dei prezzi di accesso questi finirebbero per tendere a quelli di monopolio. L’aggiudicatario della gara, pur garantendo la parità d’accesso agirebbe come un monopolista di fatto e per tale ragione le linee guida Agcom stabiliscono prezzi d’accesso regolati indipendentemente dal fatto che l’operatore aggiudicatario sia verticalmente integrato ovvero un operatore wholesale only.

L’ingresso sul mercato di operatori wholesale only, come Enel Open Fiber, cambia la struttura del mercato dell’accesso da sempre caratterizzato da posizioni dominanti in capo all’operatore storico. Cambierà anche la regolazione?

Fino a quando sul mercato dell’accesso vi sarà un operatore dotato di significativo potere di mercato la regolazione dell’accesso continuerà a essere necessaria per assicurare una concorrenza effettiva. Sarà la prossima analisi di mercato (che dovrebbe essere avviata entro la fine dell’anno) ad accertare, tenendo senz’altro conto della nuova struttura del mercato, la sussistenza di una (o più) imprese che singolarmente o congiuntamente detengono un significativo potere di mercato. In tal caso, gli obblighi previsti dalla direttiva accesso continueranno a essere imposti all’impresa o alle imprese SMP, sempre che siano ritenuti idonei e proporzionati a risolvere i problemi competitivi. Tutte valutazioni che saranno effettuate da Agcom nell’ambito della prossima analisi di mercato.

Come procede l’attuazione dell’ultima analisi di mercato?

Al momento l’Autorità sta valutando il nuovo modello di equivalence che TIM intende attuare e le due proposte di disaggregazione ed esternalizzazione dei servizi di provisioning e assurance che TIM ha presentato ad Agcom per dare attuazione a quanto previsto dall’analisi di mercato.

Il nuovo modello di equivalence e le due proposte di disaggregazione ed esternalizzazione sono stati sottoposti a consultazione pubblica e al momento Agcom ha formulato solo alcune valutazioni preliminari. Per le valutazioni conclusive bisognerà attendere ancora qualche mese, anche perché nel frattempo si deve esprimere la Commissione europea.

E in questa fase “transitoria”?

Ciò che è importante per il momento è che Tim, nelle relazioni con gli operatori alternativi, continui a utilizzare le procedure e i sistemi vigenti nell’attesa che il nuovo modello di equivalence sia approvato da Agcom. Ma per dare una soluzione concreta al problema della parità di accesso è necessario garantire agli operatori la possibilità di rivolgersi a soggetti terzi (in alternativa a Telecom Italia) per le prestazioni di provisioning e assurance. Ciò contribuirà all’efficientamento dei processi, alla riduzione dei costi: vi sarà meno spazio per pratiche discriminatorie e più spazio per la qualità della rete.

La parità d’accesso come volano della qualità dei servizi all’ingrosso offerti dall’incumbent?

Certamente. Il problema è, più che altro, come raggiungere la parità d’accesso. Su questo punto è emblematico il caso inglese. La separazione funzionale e, più precisamente il modello di equivalence of input messo a punto dal regolatore britannico ha rafforzato la concorrenza, riducendo le discriminazioni a livello operativo, ma non ha escluso affatto discriminazioni a livello strategico. E, soprattutto, non ha impedito un degrado importante della qualità dei servizi.

Con l’ultima analisi di mercato, Agcom ha ritenuto più proporzionato adottare un modello di equivalence of output “rafforzato” e ha inasprito sensibilmente le penali in caso di ritardo di attivazione e degli interventi di manutenzione da parte di TIM. L’incumbent è, adesso, fortemente incentivato a fornire i servizi di attivazione e di manutenzione nel rispetto degli SLA vigenti. Il tutto, a vantaggio della qualità. In generale, un miglioramento della qualità dei servizi all’ingrosso produce effetti anche sulla qualità dei servizi al dettaglio.

Importante, ma non sufficiente.

Infatti, ciò non basta. Una vera tutela dei consumatori si realizza solo attraverso un’efficace politica di indennizzi grazie alla quale gli utenti finali abbiano la possibilità di ricevere una compensazione monetaria per ogni giorno di ritardo dall’attivazione di un servizio o di un intervento di manutenzione.

Ma anche l’inasprimento delle penali a livello wholesale è necessario ma non sufficiente. Un conto è far sì che l’incumbent offra i servizi di attivazione e di manutenzione agli operatori alternativi nel rispetto degli SLA, altra cosa è indennizzare un utente finale per il ritardo subito per l’attivazione di un servizio. Sono tematiche che vedono Agcom impegnata attivamente nella stesura del nuovo regolamento in materia di indennizzi che sarà approvato nei prossimi mesi.

È entrato in vigore del regolamento Ue sulla net neutrality, seguito dalle linee guida del Berec.

Da sempre considero la net neutrality un principio fondamentale del diritto della Rete, da salvaguardare. Le linee guida del Berec garantiscono un solido approccio comune. Permane l’ampia discrezionalità che lo stesso regolamento attribuiva alle Authority nazionali mediante l’approccio case by case, sia con riferimento alla net neutrality sia con rifermento allo zero rating.

L’approccio case by case consente certamente di trovare soluzioni adatte alle specifiche situazioni. Ma ho il timore che questo approccio alimenti interpretazioni divergenti e quindi un’applicazione non omogenea del regolamento a livello europeo.

Resta però aperto il tema delle sanzioni. Mi auguro che Governo e Parlamento diano quanto prima attuazione all’articolo 6 del regolamento europeo sulla net neutrality. Ne abbiamo bisogno affinchè l’azione di Agcom sia più efficace.

OTT e protezione dei consumatori sono al centro del dibattito europeo. Da ultimo, con le dichiarazioni di Vestager sulla condivisione dei dati tra WhatsApp e Facebook.

L’atteggiamento della Commissaria Vestager mi pare confermi questa impostazione. Il legislatore europeo sembra finalmente intenzionato a riformare le norme che regolano le telecomunicazioni con l’obiettivo di aumentare la protezione del consumatore introducendo per la prima volta norme anche a carico degli OTT.

Di questo avviso è anche Agcom che lo scorso maggio ha concluso la prima parte di un’indagine conoscitiva, di cui sono stato relatore, sullo sviluppo delle piattaforme digitali e dei nuovi servizi di comunicazione elettronica.

Secondo i risultati di tale indagine, la definizione tradizionale di servizio di comunicazione elettronica (ECS, n.d.r.) non è più adatta a ricomprendere la vastità dei servizi di comunicazione oggi a disposizione del cittadino utente. Da qui la necessità di considerare una nuova definizione di ECS in modo che in questa rientrino anche le app che offrono servizi di comunicazione sociale. Si tratta di una scelta che ritengo ragionevole e opportuna nonché aderente al mutevole scenario di riferimento.

L’indagine ha affrontato anche i rapporti fra telco e OTT. Cosa è emerso?

Gli operatori tradizionali hanno investito nella realizzazione delle infrastrutture, mentre gli operatori OTT utilizzano la rete degli operatori infrastrutturati senza pagare. Da qui l’ipotesi avanzata da Agcom che gli operatori tradizionali siano remunerati per l’utilizzo delle proprie infrastrutture da parte degli OTT, al fine di promuovere gli investimenti nelle reti e così sostenere l’ingente quantità di traffico che i servizi a valore aggiunto generano.

Volete far diventare a pagamento le app gratuite?

Che le app di comunicazione sociale siano “gratuite” ho qualche perplessità. È vero: se consideriamo l’aspetto puramente monetario, sembra che gli utenti non paghino nulla per scaricare un’app di comunicazione sociale. Eppure, a ben vedere, le cose non stanno proprio così. La polemica di questi giorni che ha investito la condivisione della numerazione tra Whatsapp e Facebook lo dimostra inequivocabilmente.

Quando un utente scarica un’app di comunicazione sociale autorizza l’uso (da parte del fornitore di app) di gran parte delle informazioni contenute sul suo smartphone, informazioni che, come sappiamo, sono fonte di guadagni pubblicitari. Dire che le app sono gratuite non è quindi corretto se l’utente cede (spesso senza neanche accorgersene) buona parte delle sue informazioni personali. Che hanno un valore commerciale molto elevato.

A questo punto immaginiamo cosa accadrebbe se gli OTT fossero tenuti a remunerare gli operatori di rete per gli investimenti che questi realizzano e di cui anche gli OTT usufruiscono.

Trasferirebbero i costi ai consumatori finali.

Ne è proprio sicuro? Se un’app diventa a pagamento “qualche” utente potrebbe decidere di non utilizzarla più. E, per un OTT la perdita di “qualche” utente è spesso considerata non sostenibile. Piuttosto che rendere a pagamento un’app, gli OTT potrebbero utilizzare profitti che realizzano dallo sfruttamento dei dati personali per remunerare gli operatori di rete.

La risposta alla domanda non è scontata e sono necessarie valutazioni molto più dettagliate. Ma una cosa è certa. Investire nelle reti è una necessità di tutti e le opportunità che ne derivano non sono più circoscritte agli operatori tradizionali. È necessario che anche gli OTT contribuiscano allo sviluppo delle reti anche perché, non lo dimentichiamo, in assenza di queste reti gli OTT non sarebbero mai esistiti.

L’Ue ha dato il via libera alla fusione tra H3G e Wind. Qual è stato il ruolo di Agcom e come cambierà il mercato del mobile in Italia?

Quella arrivata da Bruxelles è un’ottima notizia. Si tratta di un’importante operazione di concentrazione che produrrà effetti positivi non solo per le imprese coinvolte ma anche per il mercato nel suo complesso: non da ultimo per i consumatori finali.

Agcom ha svolto la sua parte fornendo supporto alla Commissione europea con un parere sulla congruità della proposta d’impegni. Abbiamo insistito affinché le misure proposte fossero rafforzate soprattutto con rifermento alla cessione dei diritti d’uso dello spettro e al RAN sharing. Ci siamo anche preoccupati che la cessione degli assets al remedy taker avvenisse a prezzi adeguati.

Il quarto operatore dovrà, tuttavia, misurarsi con soggetti che operano sul mercato italiano da diversi anni che sanno bene che una concorrenza basata solo sui prezzi non è sostenibile nel lungo periodo. Il mio auspicio è che il mercato mobile sia caratterizzato da una concorrenza basata soprattutto sulla qualità e non solo sui prezzi. Del resto, come ci ricorda Philip Armour “Anybody can cut prices, but it takes brains to make a better article”.

L’assegnazione della banda 700 MHz alle telco è un tema ormai ineludibile.

Agcom è pronta a fare la sua parte, tenendo conto tuttavia che si tratta di una sfida di sistema. Il problema non si risolve in una mera cessione alle Telco dello spettro frequenziale oggi detenuto dai broadcaster che, tra l’altro, Ue permettendo, dovrebbe avvenire entro il 2022. Si tratta di un problema che riguarda l’intero sistema televisivo ed è quindi necessario porsi alcune domande. Ventidue multiplex nazionali sono ancora tecnicamente possibili? Cinque multiplex a taluni operatori come e 1/3 di mux alle locali hanno ancora senso? Quali sono gli standard che massimizzano l’efficienza dello spettro? Quali sono invece gli standard attualmente utilizzati dai produttori di apparati?

Tutte domande a cui il legislatore deve fornire risposta, dicendo chi fa cosa, definendo contenuti e una road map. La Politica deve fare la sua parte. Agcom è pronta a fare la propria.

Che pensa del caso “Apple-Irlanda”?

Le imposte dovrebbero essere pagate nel Paese in cui si svolge l’attività che genera profitti. La liberalizzazione del commercio internazionale non può essere invocata in modo strumentale per eludere le norme fiscali. Quanto all’economia, anche se digitale, non possono esserci pasti gratis come per il caso del diritto d’autore che proprio in questi giorni la Commissione europea sta affrontando.

Quanto al caso Apple, se la politica fiscale irlandese è nel mirino della Commissione europea evidentemente vi è un serio rischio che si tratti di un aiuto di Stato non compatibile con la normativa europea. In altre parole, se si tratta di un aiuto di Stato, imposte non pagate e concorrenza sleale verso altri Paesi e altre imprese concorrenti, la Commissione europea ha fatto bene ad intervenire.

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