STRATEGIE

Cgil, Cisl e Uil: “Industria 4.0 chance per rilanciare il lavoro, ma occhio ai diritti”

Il 21 settembre a Milano il ministro Calenda presenta il piano italiano. Per i sindacati lo smart manufacturing apre la strada a nuove professionalità, competenze e attività. Orario di lavoro, formazione continua e contratti strumenti per accompagnare la rivoluzione

Pubblicato il 14 Set 2016

Federica Meta

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Industria 4.0? Una grande occasione per rimettere il lavoro al centro: dalla trasformazione digitale fino alla robotizzazione della attività passando per la creazione di nuove competenze, i temi all’ordine del giorno sono molti e sono stati messi a fuoco da Cgil, Cisl e Uil i in occasione conferenza “Lavorare 4.0. Le sfide per l’Italia e la Germania”, organizzato dalla fondazione Friedrich Ebert Stiftung.

“Bisogna sì discutere di Industria 4.0, ma non solo – ha evidenziato la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso – Il processo in corso oggi è di due tipi: uno riguarda la robotizzazione del sistema produttivo industriale; l’altro è che, se i processi di innovazione e digitalizzazione determinano un cambiamento e una riduzione dell’attività manuali e intellettuali, forse l’orario di lavoro deve tendere a ridursi nel tempo, e non ad allungarsi come accade ora”.

“C’è poi un altro grande punto interrogativo: quello delle piattaforme – ha proseguito Camusso – Non è possibile immaginare che quella che viene chiamata sharing economy diventi un grande mondo in cui gente presta il proprio lavoro, ma non esiste come categoria di lavoratori. Poi, fino a dove arriverà la robotizzazione? L’Europa è disponibile a equiparare il lavoratore al robot, come sta accadendo in Paesi come il Giappone? Se il fondamento europeo è il welfare, anche se ce l’hanno un po’ massacrato, come si concilia con l’idea che tutto possa essere robotizzato? Questo è un tema ancora tutto da esplorare dalla politica”.

“Un altro grosso problema è quello delle regole europee sul lavoro, che oggi permettono livelli straordinari di diseguaglianza. E i salari minimi nazionali sono un’ulteriore divaricazione tra i Paesi”, ha concluso Camusso.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. “In Europa abbiamo bisogno di processi che attengono al lavoro, che riducono e non allargano la forbice della diseguaglianza – ha sottolineato Furlan – ma guai a non avere una visione sulla quarta rivoluzione industriale, ma allo stesso modo guai se insieme a questo non affrontassimo il tema del cambiamento del lavoro, dunque il suo cambiamento sociale del lavoro. Perché in questo ci sono i diritti di cittadinanza e del lavoro, protagonisti a pieno titolo di questo cambiamento, perché il mercato da solo non ce la fa”.

“Sono convinta che l’automazione e la digitalizzazione possano rendere il lavoro di più grande qualità, così come sono convinta che sgravare dalla fatica e dalla pericolosità il lavoro crea condizioni di equità ed eguaglianza – ha aggiunto – ma questo significa rendere esigibile, per ogni lavoratore, la formazione e l’aggiornamento professionale, significa una contrattazione del lavoro sicuramente molto accentuata nell’azienda, dunque di secondo livello, che metta al centro questi temi e renda protagonisti, responsabili e attori consapevoli i lavoratori e le lavoratrici. Non dobbiamo recuperare solo i ritardi in innovazione e ricerca, che negli ultimi 15 anni drammaticamente abbiamo avuto, ma serve anche una politica che sceglie di essere amica del lavoro, con la valorizzazione della partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici”, ha concluso Furlan.

Il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, ha evidenziato come sull’industria 4.0 l’Italia sia in forte ritardo. “Dobbiamo evitare che il ruolo a noi assegnato come Europa sia quello di essere camerieri e badanti di altri Paesi – ha detto provocatoriamente Barbagallo – peraltro lavori che in futuro saranno svolti dai robot, ma è meglio impegnarci a costruirli quei robot, piuttosto che dequalificare la nostra attività”.

“Vediamo di metterci d’accordo: se facciamo la sfida per l’aumento della produttività, questa deve essere completata con la corrispondenza di orari e salari – ha aggiunto – E occorre la contrattazione nazionale, perché più del 70% delle aziende italiane lavora per il mercato interno, ma se c’è un gran numero di giovani e meno giovani che cercano lavoro, come facciamo a dire esportiamo ad altri Paesi i nostri prodotti?”.

Il 21 settembre i sindacati incontreranno il ministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, proprio per discutere della via italiana all’Industria 4.0. L’incontro sarà dedicato all’insediamento del comitato guida sul protocollo di intesa su Industria 4.0. Sempre quel giorno il governo presenterà il piano.

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