LO STUDIO

Ottimista e propenso al rischio, ecco l’identikit dell’innovatore italiano

Rapporto 2016 CheBanca!-Cotec: per i nostri connazionali il Belpaese ha un’alta capacità di innovare. Tra le invenzioni più gettonate quelle relative all’Ict e all’automotive

Pubblicato il 20 Set 2016

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Imprenditorialità, intelligenza, ottimismo. E’ questo il profilo degli innovatori in Italia, secondo il Rapporto 2016 CheBanca!-Cotec sulla cultura dell’innovazione curato dal Censis e consegnato oggi al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la giornata dedicata al Premio dei Premi al Quirinale. La cerimonia di consegna è avvenuta alla presenza di Valentino Ghelli, presidente di CheBanca!, insieme al presidente del Cotec, Luigi Nicolais, del ministro per la Semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia, del sottosegretario alla presidenza, Claudio De Vincenti, e del digital champion Riccardo Luna.

Se gli studi a livello internazionale collocano l’Italia nelle posizioni basse delle classifiche sulla ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, la percezione che gli italiani hanno del proprio Paese è ben diversa. Nella classifica globale dei Paesi all’avanguardia, dominata dagli Stati Uniti, l’Italia si aggiudica un quinto posto, in Europa è seconda dopo la Germania. Inoltre, per oltre tre italiani su dieci il Bel Paese è tra le prime 10 nazioni per capacità di innovare; una convinzione direttamente proporzionale all’età: sono, infatti, gli over 60 a scorgere una maggiore propensione all’innovazione (41,6%).

Tra le invenzioni che hanno rivoluzionato il modo di vivere, le più apprezzate sono quelle legate all’ambito della salute, sia nel campo medico-farmaceutico (87,2%) con i nuovi farmaci, l’ingegneria genetica e cellule staminali, sia in quello della diagnostica (76,1%) e a quello delle tecnologie per la comunicazione applicate all’automotive (82,6%) e non solo nella vita di tutti i giorni (77,9%). Il rapporto analizza anche le caratteristiche che questa rivoluzione ha nelle principali città italiane. Milano, cuore economico e finanziario del Paese, crede che gli innovatori debbano avere il dna dell’imprenditore: grande curiosità (34,6 contro 30% media nazionale) e attitudine ad assumere dei rischi (24 contro 20% media nazionale).

Lo sguardo dei milanesi è chiaramente rivolto al futuro: infatti, la città ritiene che per risolvere i problemi odierni sia necessario un passo in avanti, per individuare e adottare tecnologie che possano ridurre l’impatto sugli ecosistemi e contemporaneamente rendere più efficiente e produttivo l’uso delle risorse (65,2%). Un fenomeno a parte è l’uso del car sharing che a Milano raccoglie quote di adesione doppie rispetto alla media nazionale.

Non stupisce che il riferimento per la valutazione di un’innovazione sia la comunità scientifica, scelta dal 60% dei cittadini contro il 51% media nazionale. In linea con l’immagine di una città vitale, tecnologica, iperconnessa e in costante movimento, Milano è la più attenta all’innovazione digitale: i servizi di home banking, i pagamenti elettronici e l’e-commerce trovano una platea più ampia rispetto al resto del Paese.

Diversa l’opinione di Roma, cuore storico e politico d’Italia, che vede nelle capacità personali, in particolare l’intelligenza superiore alla media, il segreto del successo dell’innovatore (21,6%). Un approccio più tradizionale quello della città eterna che emerge anche dalla convinzione che per risolvere i problemi di oggi sia necessario prendere spunto dal passato (38,7% contro una media del 35,4%) e fare un passo indietro: meno tecnologia e più attenzione alla riduzione dei consumi, allo sfruttamento delle risorse e al ripensamento dei processi produttivi.

E anche quando si parla di tecnologia applicata alla vita quotidiana prevalgono le commodities: antifurti elettronici (37% contro 31,6%) e abbonamenti alla pay tv (48,2% contro 39,4%). Diverso quando la rete diventa agorà virtuale, dove confrontarsi e incontrarsi: per valutare un’innovazione ad esempio, più che nel resto d’Italia (+0,7%), blog e social network risultano fra le fonti più credibili.

La comunità all’interno della quale si vive rimane un punto di riferimento anche scendendo per lo stivale: a Napoli le innovazioni vengono valutate ascoltando l’opinione di amici e conoscenti (+1,8% rispetto alla media nazionale), con un approccio ancora più tradizionale rispetto a quello romano. Approccio confermato anche dalla predilezione per pay tv e antifurti elettronici: le nuove tecnologie e i nuovi servizi penetrano più diffusamente là dove offrono risposte ad esigenze che si pongono con più insistenza. Napoli però è una città che guarda al futuro: anche qui come a Milano per risolvere i problemi odierni bisogna innovare (69,5% contro 63,7%). Non a caso il vero innovatore secondo i napoletani è ottimista e sa guardare al futuro.

In generale, se questa è la situazione vista attraverso gli occhi di milanesi, romani e napoletani, a livello nazionale tra le caratteristiche che deve possedere un innovatore si trova la creatività (48,4%), seguita dall’intuito (31%), dalla curiosità (30,1%), dalla disponibilità a rischiare (19,9%), dall’ottimismo-fiducia nel futuro (19,6%) e dall’intelligenza superiore alla media (18,6%). Contano meno le abilità manuali (3,7%), l’istruzione universitaria (9,7%), le conoscenze informatiche (9,9%) e l’esperienza (12,6%).

Per affrontare i principali problemi odierni i cittadini del Bel Paese ritengono fondamentale “andare oltre”: quasi due terzi degli intervistati (63,7%) pensa, infatti, che bisognerebbe guardare avanti individuando e adottando tecnologie che possano ridurre l’impatto sugli ecosistemi e ottimizzare l’uso delle risorse, contro il 35,4% che indica come via un “ritorno al passato”.

Ma di chi si fidano i cittadini del bel Paese quando vengono immessi sul mercato nuovi prodotti? Per tutelare la propria salute prendono in considerazione le valutazioni degli esperti della comunità scientifica, indicato da oltre la metà del campione (50,9%). Ci si fida di meno della rete, dei social network e degli amici e conoscenti.

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