IL CASO

Facebook sotto accusa: “Ha gonfiato i dati sulla pubblicità”

Lo rivela il Wsj. Secondo l’agenzia Publicis il social network avrebbe escluso dalla conta gli spot visionati al di sotto dei 3 secondi alterando la media e fornendo ai clienti dati sovrastimati. Ma l’azienda si appella a un errore: “Già corrette le metriche”

Pubblicato il 23 Set 2016

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Facebook ha fornito ai propri inserzionisti di pubblicità video dati “truccati” sui tempi medi di visione degli spot. A lanciare l’accusa è il Wall Street Journal, che riporta la denuncia dell’agenzia pubblicitaria Publicis Media, che nel 2015 ha acquistato pubblicità per i propri clienti per 77 miliardi di dollari. I conteggi di Facebook, secondo l’accusa, avrebbero sovrastimato i tempi di visione degli spot tra il 60% e l’80%. Nello specifico, le statistiche del social network non prendevano in considerazione le visualizzazioni degli spot inferiori alla durata di tre secondi, ottenendo così il risultato di alzare la media complessiva delle visualizzazioni. Di conseguenza, basandosi sui calcoli errati, i clienti avrebbero acquistato i loro spazi basandosi su attese di ritorno inverosimili.

Dal canto suo il social network ha pubblicato un post sull’Advertiser Help Center, servizio dedicato ai propri inserzionisti, in cui parla di un errore di calcolo che ha avuto come conseguenza l’aumento dell’indicatore del tempo trascorso dagli utenti a guardare i video pubblicitari. “Abbiamo recentemente scoperto un errore nel modo in cui viene calcolata una delle nostre metriche video – afferma un portavoce di Facebook ribadendo la posizione dell’azienda – Questo errore è stato corretto, non ha impatto sulla fatturazione e lo abbiamo comunicato ai nostri partner sia attraverso le dashboards di prodotto sia contattando i sales e gli editori. Abbiamo anche cambiato il nome della metrica per essere sicuri che fosse chiaro quello che misuriamo. Questa metrica è uno degli strumenti più utilizzati dai nostri partner per valutare le loro campagne video”.

La spiegazione di Facebook, però, a Publicis non è sufficiente: “Ciò che è successo – denuncia l’agenzia nella lettera pubblicata dal WSJ – ancora una volta mette in evidenza la necessità assoluta di poter contare su un’organismo indipendente di monitoraggio e verifica sulla piattaforma di Facebook. E’ inaccettabile che per due anni ci siano stati forniti dati inattendibili”.

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