REPORT PMI 2016

Oltre 10mila imprese 2.0 “fuori” registro, la scoperta del Cerved

Il Rapporto Pmi 2016 svela la presenza di un ecosistema di startup e Pmi non censite dal Registro delle imprese. Tra iscritte e non, l’innovazione genera un giro d’affari di circa 26 miliardi di euro e impiega 150mila addetti. A Trento la Silicon Valley italiana

Pubblicato il 15 Nov 2016

Andrea Frollà

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Pmi e startup innovative? Oltre al registro c’è di più. Secondo quanto emerge dall’edizione 2016 del Rapporto Cerved Pmi, esiste un mondo di innovazione “sommersa”, che non risulta dalle iscrizione all’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese. Ci sono molte newco e PMI che, pur producendo prodotti o servizi innovativi, non rientrano in questi registri perché non rientrano nei criteri delle norme, o perché non ne conoscono i vantaggi o perché non li ritengono adatti al proprio specifico caso.

La metodologia applicata dal Cerved ha visto l’integrazione dei dati della sezione speciale del Registro – 6.500 startup innovative iscritte – con i dati delle imprese partecipate dagli investitori specializzati in innovazione come incubatori e fondi di venture capital, società chiamate crisalidi perché già evolute rispetto alle fasi iniziali di sviluppo, e con i dati delle imprese innovative sulla base delle attività dichiarate nei propri siti internet, sfruttando quindi i big data e le metodologie del semantic web sviluppate da SpazioDati (startup partecipata da Cerved); questa seconda tipologia di impresa è stata definita marmotta, perché con un potenziale innovativo ma restia a dichiarare esplicitamente la propria vocazione innovativa attraverso l’iscrizione al Registro.

In base a stime prudenti sono state individuate, quindi, altre 6 mila startup innovative e altre 4 mila PMI innovative, con una presenza molto più alta di “marmotte” rispetto alle “crisalidi”. Complessivamente, le oltre 12 mila startup innovative iscritte e non iscritte individuate muovono un giro d’affari di circa 2 miliardi di euro e impiegano 24 mila addetti. Le Pmi innovative sono un terzo, circa 4 mila, ma producono 24 miliardi di euro di ricavi e impiegano 126 mila addetti. Complessivamente il maggior numero di startup innovative individuate rispetto alle Pmi indica che la produzione di innovazione è più congeniale alle startup che alle PMI “anziane”, coerentemente con le recenti teorie dell’innovazione che si concentrano sulle newco.

Le analisi hanno permesso inoltre di classificare le società innovative in otto cluster di innovazione, tra i quali i più importanti risultano quello del mobile e smartphone (2.800 startup e 1.200 PMI) e quello dell’ecosostenibilità (1.500 startup e 1000 PMI). Oltre un quarto delle imprese innovative individuate ha sede nelle province di Milano (2.675, di cui quasi 2 mila startup) e Roma (1.806 di cui 1.468 startup). Seguono Torino con 798, Napoli con 520, Bologna con 450. Se il numero assoluto di imprese innovative è importante perché consente di fare massa critica, è altrettanto importante individuare i territori in cui la presenza relativa di queste imprese è maggiore.

Trento è di gran lunga la provincia più innovativa della Penisola: è prima per presenza di startup innovative e seconda per presenza di Pmi innovative. Seguono Trieste, Ancona e Pordenone, con indici più elevati per le startup, mentre Torino presenta l’indice più alto per le Pmi e il settimo per le startup. In generale, la geografia dell’innovazione segue la dorsale adriatica ed è simile alla distribuzione territoriale dei distretti. È interessante notare che questo pattern è più marcato per le startup che per le PMI innovative, che sono ugualmente diffuse nel Nord Ovest. In ritardo il Mezzogiorno, con poche e isolate eccezioni, come ad esempio Cagliari.

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