RAPPORTO POLIMI

Startup: su ricavi, investimenti e dipendenti. Ma il boom è lontano

L’Osservatorio Polimi sulle startup hi-tech registra aumenti sostenuti nelle 3 componenti, con il Nord che raccoglie il 60% delle imprese 2.0 e una marcata dinamica verticale nei settori del Made in Italy. Da segnalare anche il rinnovato interesse degli investitori stranieri, ma il ritardo dai leader europei resta consistente

Pubblicato il 28 Nov 2016

Andrea Frollà

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Un mercato sempre più verticale, con aumenti sostenuti di fatturato e numero di dipendenti. La fotografia scattata dall’Osservatorio Startup Hi-tech, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Italia Startup, disegna un quadro piuttosto dinamico.

Nel 2015 i ricavi generati dalle startup hi-tech finanziate in Italia hanno raggiunto i 247 milioni di euro (+34% rispetto al 2014) e i dipendenti assunti e presenti a bilancio sono aumentati in termini sia assoluti che relativi, raggiungendo le 2.420 unità (+ 55% sul 2014). Gli investimenti formali nell’ecosistema dell’impresa 2.0 sfondano per la prima volta nel 2016 il tetto dei 100 milioni di euro, facendo registrare una crescita del 22% rispetto all’anno precedente. Un messaggio positivo importante, spiega il rapporto, che arriva da “chi torna in maniera decisa a farsi carico, così come da loro ruolo istituzionale, di trainare la crescita dell’ecosistema, anche attraverso alcune grandi operazioni di finanziamento che superano i 10 milioni di euro”.

Ciò nonostante, avverte Antonio Ghezzi, direttore dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Polimi, “in Italia i venture capital investono ancora solamente 1/7 di quanto fanno le controparti tedesche e circa 1/6 di quanto finanziato in Francia. La dimensione del mondo VC negli Stati Uniti rimane un ‘outlier’ di difficile e rischiosa comparabilità rispetto al nostro mercato degli investimenti”.

Anche la seconda componente di finanziamento, che aggrega il variegato mondo degli investitori informali o delle aziende che investono in capitale di rischio delle startup al di fuori di progetti strutturati di Cvc, vede un incremento significativo, passando da 71 a 81 milioni fra 2015 e 2016.

C’è poi il tema degli investimenti internazionali che, secondo le stime degli Osservatori, chiuderanno l’anno a quota 35 milioni. “Il 2016 si rivela un anno in cui gli investitori internazionali iniziano in maniera sostanziale e più continuativa a fornire sostegno alle startup italiane di qualità – commenta Raffaello Balocco, responsabile scientifico dell’Osservatorio Startup Hi-tech -. Questa dinamica, in crescita rispetto allo scorso anno, potrà e dovrà costituire una direttrice di sviluppo essenziale per dare una dimensione globale all’ecosistema nazionale. Anche nell’ottica di incentivare il processo di internazionalizzazione delle startup nostrane, spesso abilitato proprio dall’intervento di attori esteri”.

Dal punto di vista geografico, il Nord Italia continua a rappresentare il cuore pulsante sia in termini di finanziamenti ricevuti (58%), sia di numerosità di startup finanziate (65%). Aumenta il peso percentuale sugli investimenti effettuati dagli attori formali in Sud e Isole, che passa dal 30% del 2014 al 36% del 2015, ma nello stesso periodo si riduce il numero di startup finanziate nel Mezzogiorno: un risultato determinato dalla rilevazione di alcuni grandi round di finanziamento focalizzati tuttavia su un numero ridotto di startup.

Complessivamente, sono 90 le startup che a consuntivo 2015 hanno ricevuto finanziamenti da attori formali (rispetto alle 79 del 2014): di queste, il 75% afferisce al comparto Digital, il 17% al Life Science e Biotech e il 7% al Cleantech & Energy (il restante 1% mostra posizionamento in altre aree hi-tech). Oltre a questi macro-comparti, l’analisi mostra come emergano delle verticalità nell’ecosistema startup, di norma concentrate attorno ai settori tradizionali del “Made in Italy” rivisitati in chiave hi-tech e Digitale come il Foodtech e il Winetech, il Fashion e il tessile avanzato e il turismo 2.0.

“I dati che emergono dalla ricerca di quest’anno sono confortanti e confermano un trend in crescita degli investimenti nel nostro Paese, già evidente nel 2015 e che quest’anno si è ulteriormente consolidato – sottolinea Federico Barilli, segretario generale di Italia Startup -. Il ritardo rispetto a sistemi industriali analoghi al nostro, quali Francia e Germania, rimane consistente, ma il recupero è possibile”.

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