SHARING ECONOMY

Non solo Airbnb, norme ad hoc anche per gli home restaurant

Alla Camera la proposta di legge bipartisan che punta a regolamentare la gestione delle applicazioni ma anche le modalità di pagamento elettroniche. E a fissare un tetto massimo ai guadagni: 5mila euro annui

Pubblicato il 16 Gen 2017

Federica Meta

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Sbarca alla Camera la proposta di legge sugli home restaurant, un fenomeno imprenditoriale nato dal basso ed in continua crescita. Il provvedimento, che unifica le proposte di 5 Stelle, FI, Pd e Sinistra Italiana, onora la recente Comunicazione della Commissione europea “Un’agenda europea per l’economia collaborativa” che invita gli Stati membri a favorirne lo sviluppo, quale contributo importante alla crescita e all’occupazione nell’Unione europea nel pieno rispetto del principio di concorrenza. Il testo consta di 7 articoli di legge.

L’attività di home restaurant è definita nel provvedimento come “l’attività finalizzata alla condivisione di eventi enogastronomici esercitata da persone fisiche all’interno delle unità immobiliari ad uso abitativo di residenza o domicilio, proprie o di un soggetto terzo, per il tramite di piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti, anche a titolo gratuito e dove i pasti sono preparati all’interno delle strutture medesime” (art.2). Accanto alla definizione di home restaurant, sono inoltre recate le definizioni di “soggetto gestore”, “utente operatore cuoco” e “utente fruitore”.

Sono individuate, inoltre, le prescrizioni in capo al soggetto gestore della piattaforma digitale di home restaurant (art. 3). In particolare, il soggetto gestore deve garantire che le informazioni relative alle attività degli utenti, iscritti alle piattaforme medesime, siano tracciate e conservate, nel rispetto delle vigenti norme sulla privacy ed è inoltre tenuto a mettere le informazioni relative alle attività degli utenti, iscritti alle piattaforme medesime, nella disponibilità degli enti di controllo competente.

Le transazioni di denaro sono operate mediante le piattaforme digitali, che prevedono modalità di registrazione univoche dell’identità, e avvengono esclusivamente attraverso sistemi di pagamento elettronico. La partecipazione dell’utente fruitore all’evento enogastronomico richiede in ogni caso l’assenso da parte dell’utente operatore cuoco.

Il soggetto gestore della piattaforma digitale di home restaurant, inoltre, deve effettuare un duplice ordine di verifiche: in primo luogo, che gli utenti operatori cuochi siano coperti da polizze assicurative per la copertura dei rischi derivanti dall’attività di home restaurant e che l’unità immobiliare ad uso abitativo sia coperta da apposita polizza che assicuri per la responsabilità civile verso terzi; in secondo luogo,che gli utenti operatori cuochi siano in possesso dei requisiti di cui alla legge per lo svolgimento dell’attività di home restaurant, ai fini dell’iscrizione alla piattaforma digitale. Il soggetto gestore fornisce altresì all’utente fruitore, nel rispetto del principio di trasparenza, le corrette informazioni relative al servizio offerto e alle polizze assicurative per la copertura dei rischi derivanti dall’attività di home restaurant, esplicitando che si tratta di un’attività non professionale di ristorazione.

Le attività di home restaurant devono essere inoltre inserite nella piattaforma almeno trenta minuti prima del loro svolgimento e l’eventuale cancellazione del servizio prima della sua fruizione deve rimanere tracciata. Entro 90 giorni dalla data dell’approvazione della legge, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, saranno determinate le modalità per garantire il controllo delle attività svolte per il tramite delle piattaforme digitali di home restaurant.

Sono escluse dall’applicazione della nuova disciplina le attività svolte in ambito privato o comunque da persone unite da vincoli di parentela o di amicizia, che sono definite libere e non soggette a procedura amministrativa.

L’attività di home restaurant è considerata saltuaria e come tale non può superare il limite massimo di 500 coperti per anno solare, né generare proventi superiori a 5.000 euro annui.

Per lo svolgimento dell’attività di home restaurant sono richiesti specifici requisiti, quali l’utilizzo della propria organizzazione familiare e di parte di un’unità immobiliare ad uso abitativo e il rispetto delle procedure previste dall’attestato dell’analisi dei rischi e controllo di punti critici (Haccp).

Sono inoltre definiti i requisiti degli immobili ad uso abitativo destinati all’attività di home restaurant. In particolare, si prevede che tali immobili devono possedere le caratteristiche di abitabilità e di igiene previste dalla normativa vigente e che l’attività esercitata non comporta la modifica della destinazione d’uso dell’immobile.

Secondo la pdl l’attività di home restaurant non può essere esercitata nelle unità immobiliari ad uso abitativo in cui sono esercitate attività turistico-ricettive in forma non imprenditoriale o attività di locazione per periodi di durata inferiore a trenta giorni (art. 5).

In caso di esercizio dell’attività di home restaurant in assenza di segnalazione certificata di inizio attività (Scia), si prevede la cessazione dell’attività medesima e l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dalla normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi. A chiunque eserciti l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande senza l’autorizzazione si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.500 euro a 15.000 euro e la chiusura dell’esercizio.

Tra i primi firmatari del provvedimento i 5 Stelle. Con questa proposta di legge, il M5S “ha semplicemente accolto le istanze di un fenomeno imprenditoriale nato dal basso e in continua crescita, come appunto l’attività di ristorazione in abitazioni private, e le ha portate in Parlamento – spiega la deputata Azzurra Cancelleri – Il più importante risultato raggiunto con questa legge è quindi quello di colmare un gap normativo col resto d’Europa, introducendo l’identikit di ‘home restaurant’ o ‘home food’ e definendone le caratteristiche”.

Si tratta, continua Cancelleri, “di una serie di misure che, oltre ai ‘ristoranti in casa’, tutelano anche consumatori e ristoranti tradizionali”. Il prossimo obiettivo, assicura, “sarà infatti quello di ridurre la burocrazia per la ristorazione classica, in modo da poter garantire una maggiore competitività basata sulla qualità dell’offerta, in un settore in cui può esserci spazio anche per iniziative amatoriali come gli home restaurant”.

Secondo una ricerca di Confesercenti, l’universo degli home restaurant, solo nel 2014, ha fatturato nel nostro Paese 7,2 milioni di euro. Ben 7mila i cuochi social attivi, oltre 37 mila gli eventi social eating andati a buon fine, con una partecipazione di circa 300 mila persone. E un incasso medio stimato, per singola serata, pari a 194 euro. Lombardia (16,9%) Lazio (13,3%) e Piemonte (11,8%) le regioni in cui il fenomeno è più diffuso.

In Italia i portali più famosi come “Gnammo”, che ogni giorno pubblicizzano eventi gastronomici di “social eating” si sono dati delle regole da soli, pubblicando sul sito un “Codice etico partecipato” che tutti gli affiliati alla piattaforma si impegnano a seguire.

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