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Privacy, l’allarme di Soro: “Democrazie più deboli con i big data”

Il presidente del Garante per la protezione dei dati personali: “Poche aziende hanno un patrimonio gigantesco di informazioni e possono influenzare ogni nostra scelta. Il potere degli Over the top rischia di sopraffare l’autorità statuale. La regolazione aiuta ma non basta”

Pubblicato il 30 Gen 2017

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Il possesso dei dati personali da parte dei colossi della Rete fa sì che “le nostre democrazie appaiono più deboli”. È un messaggio forte, forse anche un monito, quello lanciato dal presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro. Intervenendo al convegno “Big Data e privacy. La nuova geografia dei poteri”, andato in scena alla Camera e organizzato dall’authority in occasione della Giornata europea per la protezione dei dati personali, il presidente ha spiegato che oggi “un numero esiguo di aziende possiede un patrimonio di conoscenza gigantesco e dispone di tutti i mezzi per indirizzare la propria influenza verso ciascuno di noi, con la conseguenza che un numero sempre più grande di persone potrà subire condizionamenti decisivi”.

I colossi tecnologici e la loro infinità di big data detengono un potere “che si affianca, sin quasi a sopraffarlo, alla tradizionale autorità statuale e che diversamente da questa è meno visibile e prescinde dalla legittimazione e dal circuito della responsabilità”. L’indebolimento delle democrazie odierne secondo Soro è dovuto al fatto che gli over the top “hanno acquisito poteri che assumono sempre più una caratura sociale e finiscono per concorrere con il diritto che regola le relazioni tra gli Stati”. Il numero uno dell’Autorità cita il progetto di Google volto a contrastare il rischio di radicalizzazione online, elaborando e offrendo contenuti dissuasivi da propositi violenti con una contro narrazione, parlando di “funzione rieducativa tipicamente espressiva dell’autorità pubblica”. Per Soro esempi di sovrapposizione o addirittura sostituzione come questi obbligano a porsi “degli interrogativi che non possiamo eludere”.

Per affrontare l’impatto dei big data del Web una buona regolamentazione “è essenziale, ma non sufficiente”, sottolinea Soro secondo il quale è “necessaria una nuova consapevolezza da parte delle opinioni pubbliche: dobbiamo chiederci quante delle nostre decisioni siano fortemente condizionate dai risultati che un qualche algoritmo ha selezionato per noi e ci ha messo davanti agli occhi”. I big data, sottolinea il presidente dell’authority, sono “diventati un fattore strategico nella produzione, nella competizione dei mercati, nelle innovazioni di importanti settori pubblici, nella struttura funzionale delle nostre abitazioni, nella normalità della nostra vita quotidiana”.

Dalla scelta di un libro o un viaggio alla clinica dove curarsi, passando per l’investimento dei risparmi e la scelta di un dipendente da assumere, la ricerca di informazioni online è diventata praticamente essenziale. “Dobbiamo riflettere dunque sugli attuali scenari – continua Soro – e interrogarci sugli effetti prodotti da queste trasformazioni per comprendere le conseguenze sulle nostre vite indotte dalle decisioni automatizzate”.

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