SHARING ECONOMY

Home restaurant, legge “congelata”. Gnammo & co chiedono regole più snelle

Il provvedimento fermo in commissione Industria al Senato in attesa che la Ue valuti se le norme siano in conflitto o no con il diritto comunitario. Sale la polemica sul divieto di incrocio con le attività di B&B e sul tetto dei 5mila euro di introiti all’anno

Pubblicato il 28 Mar 2017

Federica Meta

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La legge sugli home restaurant, di recente approvata alla Camera non smette di sollevare polemiche. Il provvedimento è ora all’esame della commissione Industria del Senato dove però è “congelato”: il testo è infatti al vaglio della Commissione europea che deve escludere che ci siano incompatibilità con il diritto Ue. L’esame parlamentare- stando a quanto risulta a CorCom – sarà fermo fino a maggio. Proprio in qiesto lasso di tempo gli operatori del settore, da Gnammo fino alla GC restaurant & management, chiedono a Palazzo Madama di modificare la legge: nel mirino il divieto di incrocio tra attività di home restaurant e B&B e il tetto dei 5mila euro di proventi.

Per Gaetano Campolo, Ad della GC restaurant & management, il provvedimento rischia di soffocare il settore e i”il divieto di “esercitare l’attività di home restaurant, anche quando si destinano alcune camere della propria abitazione a bed and breakfast, è un caso unico in Europa”.

“L’Home restaurant Hotel rappresenta l’unione naturale tra Social Eating e Social Travelling – prosegue il manager – Questo modello potrebbe permettere con la relativa app e (con molte altre che potrebbero nascere) non solo di affittare una stanza in casa con bagno in condivisione ma anche di cimentarsi in cucina proponendo ai propri commensali un pranzo o una cena in famiglia”.

“Negli anni Novanta e inizi del 2000 – sottolinea Campolo – con i telefoni mobili non si potevano creare nuove possibilità oltre che chiamare, inviare sms o giocare a snake, mentre oggi con l’evoluzione tecnologica e con le varie applicazioni che si possono creare per offrire servizi, si aprono nuove frontiere lavorative e nuove opportunità. Per questo l’Unione Europea crede che andrebbero incentivate tutte le forme di sharing economy, ma questo decreto legge non solo mette dei paletti che non aiutano il modello ma inseriscono un provvedimento dove vietano l’unione con gli affittacamere e quindi Home restaurant Hotel dopo ben 21 mesi di attività e marchio brevettato al Ministero dello Sviluppo Economico”.

Il nostro sarebbe, conclude Campolo, “l’unico Parlamento in Europa a vietare l’incrocio con i B&B, inventando scuse senza senso a favore di una lobby come Confesercenti e contro lo sviluppo e la crescita del nostro Paese”.

Il divieto di incrocio tra attività di home restaurant e attività turistico ricettive non professionali non piace nemmeno a Cristiano Rigon, fondatore e ceo di Gnammo. “Capisco l’esigenza di evitare che i bed&breakfast possano arrivare ad offrire la pensione completa, cosa che non possono fare, ma si può specificare meglio la norma – dice Rigon – Si potrebbe prevedere, ad esempio, che non si possano organizzare cene ad hoc tra gli ospiti della stanza e i partecipanti alla cena, ma che possano cena in occasione di eventi a cui partecipano altre persone. O ancora, specificare che non possa esserci corrispondenza tra utenti social eating e ospiti”.

Il provvedimento prevede, tra l’altro, che le piattaforme tecnologiche debbano registrare l’attività di home restaurant in un apposito registro elettronico almeno trenta minuti prima della fruizione del servizio. Inoltre, l’attività di home restaurant non può superare il limite di 500 coperti per anno solare, né generare proventi superiori a 5mila euro annui.

Il testo specifica che le disposizioni della legge “non si applicano alle attività svolte in ambito privato o comunque da persone unite da vincoli di parentela o di amicizia, che costituiscono attività libere e non soggette a procedura amministrativa”.

Secondo un’indagine del Centro studi turistici realizzato per Confesercenti, in Italia il fenomeno della ristorazione nelle abitazioni private, nel 2014, contava già 7.000 cuochi in attività, con circa 37.000 eventi realizzati e un incasso medio di 198 euro. Il fatturato era stato calcolato in 7,2 milioni di euro, con una tendenza alla crescita.

Da parte dei sostenitori degli home restaurant si sottolinea che se si confronta il fatturato di questo settore emergente con quello della ristorazione, che nel 2015 è stato di 76 miliardi di euro, ci si accorge che è pari a un decimillesimo. Ciò significa che per ogni 10.000 euro di reddito di un ristorante, l’home restaurant ne sottrae uno.

Ciò nonostante, secondo un sondaggio della società SWG per Confesercenti, l’83% dei ristoratori intervistati è a conoscenza del fenomeno e di questi l’80% la giudica una forma di concorrenza sleale. Il 92% ritiene che il fenomeno debba essere normato. In termini di impatto economico, il 62%% dei ristoratori afferma che gli home restaurant sottraggono loro fino al 5% del fatturato.

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