LO STUDIO

E-commerce, donne penalizzate dalla “Pink tax”

I dati di Idealo: l’universo femminile preferisce comprare online moda e cultura, in media due o tre volte al mese. Ma le versioni “in rosa” dei prodotti, ad esempio nel campo del beauty, costano di più rispetto agli omologhi per uomo

Pubblicato il 30 Mar 2017

A.S.

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Il gender gap ha le sue ricadute anche nel campo dell’economia digitale, e una cartina di tornasole efficace di questo fenomeno può essere in modo dell’e-commerce. A sostenerlo è Idealo, portale di comparazione tra i prezzi per gli acquisti digitali, che in un recente studio ha messo a confronto i dati del Gender inequality Index dell’Onu e quelli di Eurostat, dalla cui combinazione emerge una stretta relazione tra e-commerce e disparità di genere: “Nei paesi in cui gli indicatori relativi alla parità di genere (salute, istruzione, presenza politica partecipazione socio economica) sono migliori – sottolinea Idealo – le donne acquistano di più on-line. Come emerso anche dal Gender Gap Report 2016 del World Economic Forum, l’Italia ha ancora dei passi da fare in tema di parità tra sessi, ma anche per il nostro paese la correlazione tra indicatori e percentuale di acquisti online risulta evidente”.

Quanto all’identikit della e-shopper italiane, dai dati Idealo emerge che la maggior parte delle donne acquista online con una frequenza di 2 o 3 volte al mese (il 34,2% rispetto al 31,9% degli uomini). Gli uomini sono però più “intensivi”, e vanno in vantaggio se si considerano coloro che fanno acquisto una più volte durante una settimana (sono il 31,1% contro il 24,9% delle donne). Le donne inoltre apprezzano leggermente più degli uomini il mondo del web quando si tratta di mettere a confronto prodotti o offerte (donne al 64% e uomini al 63%).

Quanto alle categorie di mercato, quelle preferite dalle donne sono moda e cultura: i settori più premiati sono abbigliamento e calzature da un alto (con il 76% per l’universo femminile e il 60% per quello maschile) e i libri dall’altro (donne al 74% contro uomini al 67%). Il gap inversoo è più evidente su computer ed elettronica (uomini interessati al 78% e donne al 59%). Il 27% delle donne, inoltre, preferisce fare shopping via smartphone, contro il 21% degli uomini, mentre il mondo maschile è più abituato ad usare le app (25% contro 23%).

Le donne primeggiano nella ricerca di informazioni sullo shopping via social network, con una percentuale del 36% contro il 30% degli uomini, specialmente su Facebook, mentre dedicano meno interesse a Twitter. Quanto ai settori merceologici, uomini e donne investono online in maniera quasi identica per tutto ciò che riguarda cura della casa e dei figli, mentre le distanze di gender si amplificano nei settori Tech e Sport, a prevalenza maschile con un +18% e un +12%, e nel beauty, dove le donne contano su un +26%.

Tra i temi caldi nel mondo dell’e-commerce, secondo l’analisi di Idealo, emerge inoltre il tema della “Pink Tax”, “una tassa non esposta in maniera palese, ma effettivamente presente – spiega Idealo – che si identifica in una maggiorazione di prezzo per alcuni tipo di prodotto nella loro versione “femminile”. E’ l caso del beauty, dove nel 64% dei casi lo stesso prodotto in versione “femminile”, come potrebbe essere soltanto per fare un esempio un deodorante, costa di più dell’omologo per uomo. Una tendenza che, in senso inverso, si verifica ad esempio nel campo degli articoli sportivi, dove sono gli uomini a dover affrontare prezzi più alti.

“Il gender gap è sicuramente un tema sentito, anche in Italia, anche quando si parla di consumi online – afferma Paolo Primi, Web marketing manager di idealo – Negli ultimi cinque anni, però, alcune cose stanno cambiando: si parla molto di più di questi temi, lo si fa su diversi livelli ed è emerso un tentativo di introdurre un cambiamento che coinvolge famiglie, case produttrici di giocattoli, retailer e governi. Un vento di cambiamento inizia a soffiare, partendo da una presa di coscienza della situazione attuale e anche dalla crescita di una nuova generazione di genitori con l’aspirazione di andare oltre gli stereotipi di genere fin dall’infanzia”.

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