IL CASO

Uber, dopo i giudici tocca all’Antitrust?

All’indomani della sentenza del tribunale di Roma che blocca il servizio, il senatore di FI Maurizio Gasparri chiede anche l’intervento dell’Autorità: “Non è progresso, ma solo concorrenza sleale”. Ma i consumatori non ci stanno: “L’Italia torna indietro di 10 anni”

Pubblicato il 10 Apr 2017

F.Me

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Dopo i tribunali tocca all’Antitrust intervenire sulle attività di Uber? Dopo lo stop al servizio Uber Black deciso dai giudici di Roma, il senatore FI Maurizio Gasparri chiede l’intervento dell’Autorità.

La recente decisione della magistratura che proclama l’illegalità dei servizi Uber dovrebbe indurre a una riflessione anche l’Autorità antitrust che continua in molti settori a emettere decisioni che creano solo confusione e che danneggiano una serie di attività produttive, dal commercio ambulante ai taxi – spiega Gasparri – Bisogna prendere atto una volta per tutte che quello che appare un progresso è soltanto un incoraggiamento ad attività illegali, senza alcuna garanzia per i consumatori, con un rischio di evasione fiscale sistematica e generalizzata. Basta descrivere come sviluppo ciò che appare solo come concorrenza sleale. La recente sentenza della magistratura tutela l’attività dei tassisti e deve indurre l’Autorità per la concorrenza a cambiare strada. L’Antitrust teorica è un pericolo per il Paese. Così come esortiamo il governo a mantenere gli impegni presi con i tassisti. Si è mentito alla piazza con il rischio di ritrovarsela nei prossimi giorni ancora una volta clamorosamente contro”.

Di tutt’altro avviso i consumatori che stigmatizzano la decisione del tribunale. “Con il blocco dei servizi Uber tramite app l’Italia viene rispedita indietro di decenni, mentre tutti gli altri paesi vanno avanti e si adeguano alle nuove offerte del mercato – spiega il Codacons – A farne le spese saranno gli utenti, le cui possibilità di scelta saranno fortemente limitate, e che senza una reale concorrenza subiranno senza dubbio rincari delle tariffe per il trasporto non di linea. Invece di adeguare la normativa sui trasporti alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia, in modo da offrire garanzie e certezze a tutte le parti in causa, si sceglie di danneggiare i consumatori paralizzando il mercato e l’evoluzione”. Il Governo invece “avrebbe dovuto già da tempo varare norme per introdurre in Italia servizi come Uber e farli convivere con i taxi tradizionali, così come avviene nel resto del mondo”.

Dello stesso avviso Massimiliano Dona dell’Unione Nazionali Consumatori. “Dopo Uber pop, è la volta di Uber Black: i giudici, a suon di sentenze, stanno entrando a gamba tesa nella materia e stanno bloccando tutti i servizi tecnologici di mobilità (per di più sulla base di inconcepibili presupposti di urgenza), ostinandosi a voler inquadrare questi servizi a tutti i costi nella legge attuale. Peccato che siano una cosa nuova e diversa e che, quindi, non possano inquadrarsi nella legge quadro esistente”.

Il 7 aprile il Tribunale di Roma ha ordinato il blocco, entro 10 giorni, dei servizi offerti dal gruppo Uber in Italia con la app Uber Black, ossia leberline nere con autista attive a Milano e nella Capitale, e le analoghe app Uber-Lux, Uber-Suv, Uber-X, Uber-XL, UberSelect, Uber-Van. E’ stato accolto un ricorso per concorrenza sleale delle associazioni di categoria dei tassisti assistite da un pool di legali coordinato dall’avvocato Marco Giustiniani dello Studio Pavia e Ansaldo e composto da Moravia, Gigliotti, Massari e Fabbi.

La decisione della nona sezione civile del Tribunale di Roma arriva dopo che già due anni fa a Milano, sempre accogliendo un ricorso cautelare dei tassisti, i giudici avevano disposto il blocco della app UberPop, uno dei servizi messi a disposizione dalla multinazionale americana e che permette a chiunque di fare il tassista senza licenza. Un blocco, poi, confermato nelle scorse settimane anche dal Tribunale di Torino.

Il giudice Alfredo Landi, inoltre, oltre a disporre la “pubblicazione” della sentenza sul sito di Uber, ha fissato anche una penale di 10mila euro “per ogni giorno di ritardo nell’adempimento” del blocco “a decorrere dal decimo giorno successivo” alla pubblicazione della sentenza.

Il nuovo stop mette a rischio l’attività di Uber in Italia A seguito di questa decisione del Tribunale di Roma, che segue a distanza di poche settimane quella del Tribunale di Torino che ha confermato il blocco del servizio noto come Uber Pop, il gruppo Uber rischia di dover interrompere tutte le proprie attività in Italia, in quanto i servizi ad oggi offerti sono stati riconosciuti in contrasto con il diritto italiano.

Laa vicenda dello stop a Uber “è una sconfitta per le potenzialità di innovazione nel nostro Paese”, sostiene Altroconsumo in una nota nella quale annuncia di aver dato mandato ai propri legali per affiancare Uber nel ricorso in Tribunale “a tutela della pluralità dell’offerta ai consumatori”. L’organizzazione ha inoltre scritto al presidente del Consiglio Gentiloni e al ministro dei Trasporti Delrio per un intervento immediato. “Le esigenze di mobilità degli utenti in Italia – secondo Altroconsumo – esuberano le possibilità di prestazione del solo servizio taxi: una restrizione a questo servizio come unica offerta del trasporto pubblico non di linea è antistorica. Congelare l’esperienza dell’innovazione significa far arretrare il Paese”.

“Siamo allibiti per quanto annunciato dall’ordinanza che va nella direzione opposta rispetto al decreto Milleproroghe e alla normativa europea – annuncia la società – Faremo appello contro questa decisione, basata su una legge vecchia di 25 anni e che non rispecchia più i tempi, per permettere a migliaia di autisti professionisti di continuare a lavorare grazie all’app di Uber e alle persone di avere maggiore scelta. Ora il governo non può perdere altro tempo ma deve decidere se rimanere ancorato al passato, tutelando rendite di posizione, o permettere agli italiani di beneficiare di nuove tecnologie come Uber”.

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