SPETTRO RADIO

Frequenze, Ansip alza la voce: “Nuovi criteri o salta il 5G”

Il Commissario Ue interviene nel braccio di ferro tra Bruxelles che chiede licenze d’uso “a lunga durata” e gli Stati che rivendicano autonomia: “Dobbiamo creare un ambiente favorevole agli investimenti. Non ripeteremo gli errori del 4G”

Pubblicato il 26 Apr 2017

r.c.

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Licenze “a lunga durata” o a durate variabili? Gestione assoluta by authority o supervisionata da Bruxelles? Sulle politiche per le frequenze da destinare al “magico mondo” del 5G c’è un braccio di ferro in corso. Da un lato la Commissione Ue che, Andrus Ansip in testa, punta a inserire nel pacchetto di riforma delle Tlc un limite minimo per la durata delle licenze d’uso – 25 anni. Dall’altro gli Stati membri, anzi 15 di loro – Italia e Germania fra essi – che rivendicano autonomia totale nelle decisioni e fanno quadrato intorno al potere delle proprio authority: in ballo, sostengono, c’è la spinta all’innovazione che licenze troppo lunghe potrebbero mettere a rischio. Ma sotto sotto si nasconde il timore di un impatto sugli incassi che gli Stati possono sperare di realizzare con le aste frequenze.

Sul nodo ora alza la voce Andrus Ansip, commissario al Digitale: “L’Europa è arrivata tardi sul 4G, sia per la limitata disponibilità di frequenze che per gli investimenti in reti. Non ripeteremo lo stesso errore”. Le regole, dice Ansip, devono essere rispettate da tutti: “Deadline rigida (massimo il 2022 per la conclusione della liberazione delle frequenze in banda 700 Mhz) e maggior coordinamento tra Stati”. Ansip chiarisce: “Qui non è in ballo un gioco di potere fra Stati e Bruxelles: si tratta di fare presto per raggiungere il 5G, se vogliamo occupare un posto a sedere nel business del futuro”. Dunque “non c’è discussione sul fatto che i vari Paesi continueranno ad avere responsabilità per la gestione day-by-day delle politiche per lo spettro. E per gli incassi dalle aste. Questo rimane in capo agli Stati”.

Ma anche gli Stati devono scendere a patti: “Non è mai stato proposto di far ritardare un Paese che invece è già pronto per il 5G. Vogliamo deadline uguali per tutti. E voglio anche rassicurare che miglior coordinamento e efficienza non significa che sarà Bruxelles a gestire tutto. Quello che vogliamo sono regolatori nazionali indipendenti in grado di avere un ruolo in decisioni che influenzano il mercato, e che si consultano tramite il Berec”.

L’obiettivo della Commissione Ue è creare un ambiente favorevole agli investimenti che operatori Tlc, ma non solo, dovranno sostenere sia per partecipare alle aste sia per realizzare le infrastrutture. Per fare questo serve però “rivedere i criteri per la gestione dello spettro radio, incrementare l’equilibrio tra disponibilità delle frequenze e i nostri futuri bisogni. Non in un solo paese, ma in tutti, coordinando in modo tale da avvantaggiare tutti”.

Sembra però “che ci sia riluttanza da parte di molti paesi rispetto alla nostra proposta. Sono preoccupati dei principi proposti, inclusi la durata delle licenze d’uso e di nuovi assetti istituzionali” dice Ansip. “Sono sorpreso. Perché l’Ue ha fatto numerosi appelli per creare le giuste condizioni e stimolare nuove opportunità di business per una miglior gestione dello spettro. Se vogliamo che l’Europa abbia un posto nel 5G va stimolato il mercato digitale interno sia pur rispettando le flessibilità richieste dalle varie nazioni dettate da circostanze particolari”.

Lo spettro radio “è una pietra miliare del 5G e delle nuove regole delle Tlc – dice il Commissario -. Senza una rapida disponibilità di spettri radio nelle giuste bande, non solo in Europa ma ovunque, mettiamo a rischio il futuro digitale dell’Europa. Con il 5G, e con settori emergenti come l’Internet of Things, è semplicemente impensabile stare a vedere, quando si tratta di riforma dello spettro. Perché gli altri Paesi vanno avanti. Il 5G è diverso da tutto quello che abbiamo conosciuto finora. Richieste grossi investimenti non solo in frequenze, ma anche in infrastrutture e apparecchiature.

Le licenze “a lunga durata” proposte – un minimo di 25 anni – riflettono quello che dico. Danno visibilità e certezze a lungo termine a operatori e investitori, oltre a una maggiore uniformità nei Paesi europei. Basta con l’approccio patchwork. Inoltre, senza lungo periodo, semplicemente non vedremo gli investimenti nelle infrastrutture wireless. Devono essere bilanciati da un uso efficiente dello spettro: vale il principio “use it or lose it”, usalo o lascialo”.

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