IL CASO

Amazon, in arrivo stangata Ue per evasione

La Commissione europea presenta al colosso Usa il “conto” delle tasse non pagate: in ballo diverse centinaia di milioni di euro

Pubblicato il 03 Ott 2017

F.Me.

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La Commissione Ue dovrebbe presentare domani ad Amazon il “conto” delle tasse non pagate in Lussemburgo grazie all’accordo di tax ruling di cui ha beneficiato per quasi 10 anni. Secondo quanto riporta il Financial Times, la cifra dovrebbe essere nell’ordine delle diverse centinaia di milioni di euro che il Lussemburgo dovrebbe recuperare. L’anno scorso la Ue chiese all’Irlanda di recuperare da Apple 13 miliardi. L’antitrust Ue ha aperto l’indagine su Amazon a fine 2014.

Intanto la Ue e gli stati mebri continuano il cammino (parallelo) per trovare una quadra e tassare, in modo equo, le multinazionali del web che, solo in Italia, fanno perdere alle casse dello Stato quasi un miliardo di euro. Secondo lo studio di Lef-Associazione per la legalità e l’equità fiscale il conto per Google ammonta a 370 milioni e per Facebook a 549 milioni. Le imposte sul reddito complessivamente pagate nel 2016 da Facebook, Apple, Amazon, Airbnb, Twitter e Tripadvidor ammontano a quelle versate dalla sola Piaggio.

La decisione europea è attesa per il 2018 dato che il vertice di Tallin si è chiuso senza sorprese. Il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha detto – a chiusura del summit – ha detto che l’accordo si troverà allìEcofin del prossimo anno, dedicato precipuamente alla web tax, ricordando che Bruxelles presenterà “nuove regole per una tassazione equa e un uguale terreno di gioco per tutti” nel digitale.

Ma nel frattempo i “grandi” non stanno a guardare. Italia, Francia, Germania e Spagna stanno andando avanti sulla proposta di tassare le aziende del web: assicurare che per l’Iva lo stesso contenuto, prodotto o servizio sia soggetto all’imposta nello Stato membro Ue di consumo indipendentemente dalla natura fisica o digitale. Tassazione del reddito d’impresa in modo che i profitti tassabili, inclusi quelli derivanti da attività digitali, “siano attribuiti in modo appropriato là dove viene creato il valore”.

Per le imprese che spostano in paesi non Ue i profitti tassabili ottenuti nel mercato interno, “per rimpatriare nella Ue la quota di imposizione indebitamente trasferita offshore, la Ue potrebbe esplorare opzioni per un prelievo compensativo nel settore digitale (equalisation levy)”. I ministri avevano chiesto di definire una webtax “sul fatturato generato in Europa dalle società digitali”.

A sostenere la causa dei contrari alla web tax l’Irlanda, con il premier Leo Varadkar che sottolinea come “se l’Europa vuole essere leader dell’economia digitale, la soluzione non è più tasse e più regole, ma è il contrario”. “Se vogliamo che società come Google, Facebook o Linkedin producano profitti in Europa non è attraverso le tasse e le regole rigide che lo otterremo. Ci sono alcuni paesi che sostengono la proposta di Francia, Italia, Spagna e Germania, ma ce ne sono altri che hanno un’idea diversa, come i paesi scandinavi e quelli baltici che sono molto aperti al mercato, già molto moderni e digitali”.

E l’idea di tassare Google & co non piace nemmeno agli Usa che non vogliono azioni unilaterali sulla web tax. L’avvertimento arriva dalla Camera di Commercio americana con sede a Bruxelles (AMCham EU). “Un’azione unilaterale metterebbe a rischio gli sforzi internazionali per risolvere le questioni fiscali – ha spiegato la presidente Susan Danger – La tassa sul fatturato per le aziende che operano sul web, come proposta dai quattro grandi Paesi dell’Unione, ridurrebbe gli investimenti, peserebbe sull’occupazione e penalizzerebbe le giovani aziende”.

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