IL REPORT

Digital economy, l’Ocse: “Italia ancora indietro, ma ci sono best practice”

Il rapporto dell’organizzazione internazionale: solo il 20% delle aziende usa il cloud computing. Tra i segnali positivi gli incentivi del Governo su Industria 4.0, utili per velocizzare al trasformazione digitale

Pubblicato il 11 Ott 2017

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La trasformazione digitale è ormai comunemente riconosciuta come una priorità dagli stati dell’area Ocse: in questo quadro l’Italia è ancora nella posizione di chi rincorre, anche se ha messo in campo alcune “best practice”, come il piano Industria 4.0 del Governo. E’ il quadro che emerge dal rapporto “Digital Economy Outlook 2017” dell’organizzazione internazionale dei Paesi a economia di mercato. Secondo i dati l’Italia rimane ancora indietro rispetto ad alcune grandi questioni, come la diffusione della banda larga e l’utilizzo del cloud computing, ma, si legge nel rapporto, il piano di super e iperammortamenti del governo per gli investimenti in digitale e innovazione (Industria 4.0) è tra le iniziative degli stati che consentono una più veloce digitalizzazione della produzione di beni e servizi.

L’Ocse sottolinea anche che in questo processo di trasformazione è importante il ruolo delle startup innovative, e l’Italia insieme ad altri paesi come Francia e Repubblica Ceca, ha creato un meccanismo di finanziamento agevolato per le neoimprese, il Fondo di garanzia, utile per cercare i primi capitali sul mercato, anche se a debito.

La trasformazione digitale, scrive l’Ocse, si sta sviluppando su due grandi pilastri: digitalizzazione e interconnessione. Le nostre comunicazioni, lo scambio di informazioni, foto, video, testi, sono già digitali, un cambiamento radicale e totale dal 2007 in poi, anno dell’introduzione nel mercato del primo smartphone. E questo avviene grazie ad infrastrutture che consentono al mondo intero di scambiarsi informazioni, e quindi dati.

Dal report emerge che otto persone su 10 usano internet in media fra i 35 Paesi dell’area Ocse. Percentuale che scende di quasi 10 punti se guardiamo all’Italia, dove però circa il 90% dei cittadini sotto i 24 anni lo usa regolarmente, contro un 60% di popolazione tra i 55 e i 74 anni che non lo utilizza affatto.

Quanto alla popolazione più giovane, va detto che l’Italia è tra i pochi paesi a non raggiungere il 100% della distribuzione di Internet tra gli under 24. Solo un terzo della popolazione italiana invece usa soluzioni legate al cloud computing, mentre l’8% ha partecipato ad un corso online, a fronte di una media del 10%. Su un dato siamo assoluto fanalino di coda: l’uso di Internet, in generale, per attività come mandare e ricevere email, o cercare informazioni, o usare la rete per lavoro. Lo fa un norvegese su due, e un italiano su cinque. Gli italiani sono i lavoratori quindi che usano meno internet tra i Paesi sviluppati.

Nel campo del cloud, L’Italia è poco al di sotto la media Ocse per l’uso della nuvola nelle aziende: 20%, due punti percentuali in meno rispetto agli altri Paesi. Anche se c’è una forchetta piuttosto ampia tra le Pmi e le grandi imprese: una su due di quelle oltre il 250 impiegati usa soluzioni cloud. Percentuali simili anche per quanto riguarda l’uso di strumenti di analisi dei big data. Il freno maggiore nell’uso del cloud per le imprese italiane, spiega il rapporto, è dovuto per oltre il 40% delle imprese alle difficoltà nel cambiare il provider dei propri servizi internet. Circa il 20% delle imprese italiane ha denunciato problemi di sicurezza nei propri sistemi digitali, percentuale che sale al 35% se si considerano le imprese con oltre 250 impiegati.

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