IL PROVVEDIMENTO

Intercettazioni, stretta del governo sui trojan

Ok del Cdm al decreto legislativo: uso dei captatori informatici senza autorizzazione solo per i reati più gravi, tra cui mafia e terrorismo. Critica l’Anm: “Un passo indietro: non si è compresa l’importanza dello strumento per facilitare l’attività investigativa”

Pubblicato il 02 Nov 2017

Federica Meta

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Stretta ai trojan utilizzati per le intercettazioni. Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri di oggi delimita l’uso dei captatori informatici, in pc o smartphone consentendone sempre l’impiego, senza particolari vincoli, per i reati più gravi, in primis terrorismo e mafia, ma prevedendo che, per gli altri reati, debbano essere esplicitamente motivate, nei decreti di autorizzazione, ragioni e modalità. Il testo dovrà ora passare all’esame delle commissioni Giustizia per i pareri e poi tornare in Cdm.

Per l’Anm i limiti all’utilizzo dei captatori informatici “è la parte più debole della riforma”. “Si tratta di un arretramento che non risponde allo spirito della giurisprudenza – spiega il presidente Eugenio Albamonte – Non si è compreso che questo strumento tecnico serve a mettere al passo coi tempi le capacità investigative”.

Critiche anche dall’opposizione. Per il deputato di Forza Italia Francesco Paolo Sisto, “spaventa l’uso pressoché indiscriminato del Trojan, in barba al rispetto pur minimo della riservatezza. Tutto questo dimostra, ancora una volta, che in zona Cesarini non si possono che licenziare pessimi provvedimenti”.

L’obiettivo è regolamentare in maniera più stringente l’utilizzo delle intercettazioni per evitare la diffusione di conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini. Il testo inserisce infatti dei vincoli alla trascrizione delle conversazioni nelle richieste dei pm e nelle ordinanze dei giudici: “Quando è necessario, sono riprodotti soltanto i brani essenziali”, dispone il provvedimento.

La riforma semplifica inoltre l’impiego delle intercettazioni nei reati più gravi contro la pubblica amministrazione commessi da pubblici ufficiali, uno strumento per rendere più efficace il contrasto alla corruzione. Fatto salvo il diritto di cronaca, è previsto il carcere fino a 4 anni per chi diffonde riprese audiovisive e registrazioni di comunicazioni effettuate in maniera fraudolenta per danneggiare “la reputazione o l’immagine altrui”.

Viene poi istituito presso l’ufficio del pm un archivio riservato delle intercettazioni la cui “direzione” e “sorveglianza” sono affidate al procuratore della Repubblica e il cui accesso – registrato con data e ora – sarà consentito solo a giudici, difensori e ausiliari autorizzati dal pm.

“Noi non limitiamo l’uso delle intercettazioni ma contrastiamo l’abuso, sappiamo che questo strumento è fondamentale per le indagini e in nessun modo vogliamo limitare la possibilità di disporre di uno strumento per la magistratura fondamentale per contrastare i reati più gravi ma è evidente che in questi anni ci sono stati frequenti abusi – ha spiegato il premier Paolo Gentiloni – L’approvazione del decreto è una decisione importante e che merita un’attenzione particolare. Non ne limitiamo l’uso ma ne contrastiamo l’abuso”, ha precisato, “abbiamo finalmente una soluzione che a mio avviso è giusta ed equilibrata”.

“Il provvedimento che abbiamo approvato in via preliminare non restringe la possibilità dei magistrati di utilizzare le intercettazioni, non interviene sulla libertà di stampa e sul diritto di cronaca, interviene solo su come vengono selezionate le intercettazioni”, ha sottolineato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando.

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