PUNTI DI VISTA

De Biasi (Pd): “Agenda digitale, prima la scuola”

La candidata al Senato del Partito democratico evidenzia le priorità del prossimo governo: “L’innovazione nel mondo dell’istruzione deve generare uguaglianza”

Pubblicato il 19 Feb 2013

Emilia De Biasi, deputata Pd, candidata al Senato

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La transizione al digitale sta modificando la nostra vita, il modo di affrontare i problemi, lo stesso modo di pensare e di comunicare, attraversa la società quotidianamente e cambia le modalità di produzione. L’Agenda digitale si propone obiettivi condivisibili e ambiziosi, necessari ma al tempo stesso in alcuni casi, ancora troppo astratti dalla realtà. Il caso della scuola è emblematico.

Il sistema scolastico italiano arriva impreparato alla sfida digitale. Le modalità di apprendimento sono ancorate alla “frontalità”, mentre sarebbe necessaria la rottura dello schema classe in favore di gruppi di lavoro, laboratori, aggregazione per interesse, come avviene in tanti paesi europei.

La maggioranza delle scuole del nostro Paese ha problemi di spazi, di edilizia scolastica da sistemare, di strumentazione informatica obsoleta. Il corpo insegnante ha bisogno di formazione al digitale, e non di lavagne digitali che rischiano di rimanere oasi nel deserto.

Il primo problema dunque è relativo alla formazione degli insegnanti e alle modalità di apprendimento degli studenti, cioè di alfabetizzazione. Il secondo tema, non meno importante è la transizione dal libro di testo cartaceo a quello con contenuti multimediali.

È nota la difficoltà dell’editoria scolastica a misurarsi con la transizione: passaggio dell’Iva dal 4% al 21%, necessità di aggiornamento del personale, costo e qualità dei contenuti multimediali, riconoscimento del diritto d’autore, tema irrisolto e non solo in questo campo.

Per questo la gradualità è una delle soluzioni: proroga dell‘adozione del digitale, adozione di un sistema misto, tavolo di confronto con le casi editrici sono alcuni dei provvedimenti più urgenti per una corretta transizione. Se non vogliamo che rimangano vive solo le grandi case editrici, sarebbe ben strano che il digitale, che è la massima possibilità di apertura di mercato, divenisse la strada di nuovi monopoli di fatto.

Il terzo problema riguarda gli studenti e le famiglie. Chi pagherà la transizione? Nella scuola dell’obbligo toccherà alle famiglie l’onere della spesa per il diritto fondamentale all’istruzione? O dovrà pagare la scuola dell’autonomia, già ridotta allo stremo dai tagli? Chi potrà permetterselo acquisterà il tablet, e i figli di famiglie meno abbienti che faranno? E ancora: gli strumenti prevarranno sulla qualità dei contenuti? Sono domande importanti, perché la scuola deve garantire pari opportunità di apprendimento per tutti, poiché la scolarità di massa, la scuola per tutti, non uno di meno, è e resta fra i più significativi cambiamenti culturali del secolo scorso.

Infine, uno sguardo ai più piccoli, agli alunni della scuola primaria, incredibilmente veloci nativi digitali, ma non per questo capaci di leggere e scrivere. Attenzione ai piccolissimi, con loro si disegna il futuro, che non vorrei fatto da esperti navigatori privi di senso critico, passivi spettatori della vita degli altri.

E allora, per concludere, chiederei a chi gestirà l’agenda digitale di dare un occhio speciale alla scuola, che non è mercato, che ha bisogno di un’innovazione dotata di senso, di efficacia, di uguaglianza e di umanità.

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