STRATEGIE

Industria 4.0, Radaelli: “All’Italia serve un nuovo modello di business”

Il presidente di Anitec, Radaelli: “Non si può innovare solo per fare cassa, bisogna iniettare tecnologie in tutti i settori produttivi investendo sul capitale umano e sugli e-skills”. Il presidente del Cnr, Inguscio: “L’Italia ha le carte in regola per vincere la sfida”

Pubblicato il 03 Mag 2016

Federica Meta

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“Siamo nel mezzo di una trasformazione profonda della società che coinvolge tutti gli aspetti dello sviluppo del manifatturiero” ma il cambio di passo della Quarta Rivoluzione Industriale, che aprirà le porte all’Industria 4.0 nazionale, è condizionato “fra chi ha compreso la portata dell’innovazione tecnologica e cambiato modello di business” e chi, invece, “il digitale lo inserisce in azienda solo per abbassare i costi”. E’ stato il presidente di Anitec, Cristiano Radaelli, a sottolinearlo, intervistato dall’Adnkronos in occasione dell’incontro “Internet of Things e Manufacturing 4.0”, promosso da Anitec con Cnr e Fondazione Cotec, oggi a Roma.

Il digitale, ha osservato Radaelli, “è una trasformazione che alza il livello di competitività delle aziende, creando più posti di lavoro” e nel nostro Paese, al momento, la situazione si presenta “a macchia di leopardo”, perchè “c’è chi innova per crescere e chi lo fa solo pensando ai conti di cassa, rimanendo irrimediabilmente indietro”. Negli ultimi mesi, ha ricordato, il nostro Paese “sembra aver preso coscienza del ruolo cruciale del digitale per la crescita dell’economia e delle imprese” e ne sono testimonianza “il piano ‘Crescita Digitale’ e la ‘Strategia per la Banda Ultralarga’ promossi dal Governo e che mirano a far recuperare il gap esistente rispetto ai maggiori Paesi europei e mondiali in termini di diffusione dei servizi digitali”.

Radaelli ha quantificato che “il costo di questo ritardo è valutabile in circa 2 punti di Pil, ovvero 30 miliardi di euro, e circa 700 mila posti di lavoro, stando a dati di Confindustria”. Per colmare questo gap e migliorare la competitività italiana rispetto agli altri Paesi, secondo il presidente di Anitec, “è cruciale che si dia una veloce esecuzione a questi programmi in una logica di Industria 4.0, cioè la Quarta rivoluzione industriale legata all’adozione delle tecnologie digitali nelle imprese di tutti i settori produttivi, e all’IoT (Internet of Things), ovvero l’interconnessione degli oggetti attraverso la rete e la gestione intelligente dei dati scambiati”.

Lo sviluppo di Industria 4.0 e IoT, ha avvertito però il numero uno di Anitec, “è strettamente legato alla disponibilità di una rete 5G, in grado di veicolare in modo efficiente i servizi digitali più evoluti e di sostenere il crescente traffico dati”.

Per il presidente del Cnr, Massimo Inguscio, l’Italia “è prontissima al balzo verso un’Industria 4.0” e alla trasformazione digitale delle imprese, perchè “istituzioni come il Cnr, con tutti i suoi istituti del settore, hanno già svolto un importante lavoro prepratorio”. Il Cnr, ha evidenziato Inguscio, “lavora già da molto tempo con le imprese ed è pronto a tenere le fila di questa Quarta Rivoluzione Industriale”. Il numero uno del maggior ente pubblico della ricerca, ha inoltre osservato che “anche il nuovo Piano Nazionale della Ricerca, presentato ieri dal ministro Giannini, ha messo la manifattura 4.0 tra le linee strategiche”.

Stando ai dati emersi al convegno, il numero di oggetti connessi a internet nel mondo è destinato a salire vertiginosamente visto che, secondo le stime, già nel 2020 sarà fra i 20 e i 100 miliardi, per un valore aggiunto nell’economia globale che fra quattro anni varierà fra i 1.900 ed i 14.400 miliardi di dollari. In questo quadro, nel nostro Paese, in base alle ricerche del Politecnico di Milano, alla fine del 2015 il mercato degli oggetti connessi con la rete cellulare è stato pari a 1,47 miliardi di euro. E, se a questo scenario si somma anche il mercato di applicazioni basate su altre tecnologie di trasporto (Wireless M-Bus, Wi-Fi, Low Power Mesh networks, Bluetooth Low Energy), che è circa di 530 milioni di euro, si arriva ad un mercato italiano complessivo di 1,55 miliardi di euro, in crescita del 30% rispetto all’anno prima.

Lo scenario, illustrato dal vicepresidente di Anitec e Ceo di Italtel, Stefano Pileri, mostra inoltre come, negli ultimi 15 anni gli investimenti in tecnologie, incidendo fortemente sulla produttività, hanno contribuito per il 45% alla crescita media del Pil negli Usa, per il 30% in Europa e solo per il 20% in Italia. Gli investimenti digitali nei Paesi europei rappresentano oggi mediamente il 6,4% del Pil, mentre in Italia raggiungono solo il 4,7%. Di fronte alla sfida dell’innovazione, e “malgrado le concrete evidenze dei benefici”, le imprese italiane “non hanno ancora avviato in modo sistemico e profondo la trasformazione competitiva digitale” ha stigmatizzato Pileri. La causa di questo rallentamento, ha osservato, sta in un “gap culturale digitale ancora presente nel Paese e in una politica industriale non ancora pienamente orientata”. Per il vicepresidente di Anitec, ciò che aiuterebbe il cambio di passo, sarebbero “incentivi e politiche di sostegno” per “stimolare gli investimenti sul digitale”.

Per accelerare lo sviluppo di un’Industria 4.0 italiana, “è fondamentale -ha detto ancora Pileri- garantire la Banda Ultra Larga in tutti i territori con un potenziale produttivo e sviluppare “competenze digitali” nel sistema formativo, a partire dalla scuola”. Non ultimo, ha sollecitato Pileri, “è importante completare al più presto le dieci piattaforme previste dal Piano Crescita Digitale, come Anpr, Spid, Pagamenti, Italia Log-In, Sanità, Giustizia, Smart Cities, e favorire la realizzazione di Digital Innovation Hub, dove le imprese possano trasferire conoscenza, contaminarsi con il digitale e sviluppare nuovi modelli di business”.

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