Legge di Stabilità: niente fondi all’Ict. Romani non la spunta

Nonostante il pressing del ministro dello Sviluppo economico e gli appelli delle associazioni Ict confindustriali e dei sindacati, Tremonti non cede sul surplus dell’asta Lte. Un duro colpo al sistema Paese. E l’ennesimo schiaffo al piano banda larga sulla carta da tre anni. Ma spunta lo “spiraglio” Cdp

Pubblicato il 14 Ott 2011

Niente risorse per l'Ict. Il Cdm ha dato il via libera alla
legge di stabilità e il 50% dei proventi aggiuntivi dell'asta
per le frequenze Lte (circa 800 milioni), come già emerso dalla
prima bozza, non sono stati destinati al comparto. Gli 1,6 miliardi
di euro – ossia la somma eccedente rispetto ai 2,4 miliardi
incassati dal governo dall'asta – saranno equamente distribuiti
al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato e al fondo del
ministero dell'Economia per interventi urgenti.

Alla fine, dunque, è sfumato il "tesoretto" che il
ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani aveva promesso per
la realizzazione delle reti Ngn e progetti di digitalizzazione. Non
è bastato il pressing di ieri – che aveva fatto slittare il voto –
né tantomeno
gli appelli
delle associazioni Ict di Confindustria e dei
sindacati a smuovere le acque. Un dèjà-vu considerato che da anni
ormai il comparto attende le risorse destinate alla banda larga
"congelate, anzi "ibernate" al Cipe.

Quello dell'Lte è l'ultimo capitolo di una
"saga" che fra promesse e rimpalli finora ha prodotto
scarsi risultati. L'ultima speranza resta quella della Cassa
depositi e prestiti: il testo finale della legge di stabilità
avrebbe previsto (ma si tratta di un'indiscrezione nel momento
in cui si scrive) il finanziamento della banda larga attraverso i
fondi della Cassa con modalità e tempistiche da definire.

Era partito in quarta il Governo Berlusconi sulla banda larga. Era
il 9 giugno del 2009 quando l'allora Sottosegretario dello
Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani,
annunciava il “piano” nazionale per la banda larga. Un piano
elaborato sulla base del documento da 105 pagine messo nero su
bianco da Francesco Caio, il super-consulente (già “autore”
del piano broadband britannico) nominato dall’esecutivo per
l’elaborazione di una strategia-Paese in grado di consentire da
un lato il superamento, una volta per tutte, del digital divide, e
dall’altro di delineare la roadmap per la realizzazione delle
reti di nuova generazione (Ngn).

Il piano Romani si era posto un obiettivo importante: permettere a
tutti i cittadini di connettersi a Internet in banda larga fra i 2
ed i 20 Mb entro la fine del 2012. Il tutto grazie a uno
stanziamento di 1.471 milioni di cui 800 “garantiti”, disse a
suo tempo l’attuale ministro allo Sviluppo Economico. La garanzia
però è stata disattesa: gli 800 milioni più volte promessi ma
mai sbloccati dal Cipe sono nel corso del tempo letteralmente
“sfumati”, progressivamente decurtati fino a ridursi di un
terzo e al momento ancora “congelati”.

Eppure l’abbattimento del digital divide era stato definito
“strategico” e “prioritario”: “Si tratta di un
investimento – disse a suo tempo Romani – in grado di apportare
benefici nell’ordine di 2 miliardi sul Pil e coinvolgere 50mila
risorse umane fra manodopera e progettazione generando benefici su
tutto l’indotto”.

Anco più ambizioso il piano per la fibra (50 Mb per tutti): “Il
governo – diceva Romani – utilizzerà lo strumento del project
financing per la realizzazione delle infrastrutture. La copertura
in fibra servirà il 95,6% degli italiani, mentre al restante 3,9%
della popolazione, localizzata in aree a bassa redditività si
porterà la banda larga in tecnologia radio”.

L’avvio del “Tavolo” con gli operatori di Tlc che avrebbe
dovuto concludersi con la costituzione di una newco (Fiberco) a
governance pubblica si è tradotto in un nulla di fatto. L’intesa
raggiunta sul fronte della condivisione delle infrastrutture
passive non solo è poca cosa rispetto alle intenzioni iniziali, ma
rischia di finire in un nulla di fatto: la discesa in campo di
Metroweb – che si candida a “veicolo” della fibra italiana
– potrebbe far saltare definitivamente il Tavolo Romani (Telecom
Italia ha perlatro già annunciato l’uscita di scena e senza
Telecom sarà difficile procedere).

Il progetto annunciato da Vito Gamberale – Ad di F2i – mette a
serio rischio anche il piano Lombardia digitale: la discussione
sulla governance della newco locale e soprattutto sulla proprietà
dell’asset (Telecom Italia sarebbe disposta a scendere in campo
solo a patto di potersi giocare l’ “opzione” in un momento
futuro, di rilevare la proprietà del network) sta andando per le
lunghe. E considerato che il “piano” Gamberale partirebbe
proprio dalla Lombardia non è da escludersi che il progetto
Lombardia digitale vada a monte e che gli operatori intenzionati a
parteciparvi confluiscano nella “squadra” di Metroweb.

Resta ai nastri di partenza, intanto, il progetto del Trentino Alto
Adige: il presidente dellla Provincia Lorenzo Dellai spinge per la
realizzazione del network Ngn (già siglato l’accordo con Telecom
Italia). Ma l’iniziativa è al momento al vaglio della
Commissione europea chiamata a esprimersi sul rispetto della
normativa sugli aiuti di Stato.

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