PRIVACY

Reding: “Data protection, nel futuro sarà a due piste”

Il commissario Ue alla Giustizia sulla proposta di regolamento europeo: “L’uso privato delle info digitali non sarà sottoposto alle norme. Ma le aziende dovranno allinearsi”

Pubblicato il 18 Gen 2013

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Il data protection è una leva essenziale del mercato unico digitale. Viviane Reding, commissario Ue alla Giustizia, rilancia sulla sua proposta di regolamento che “non servirà solo a tutelare la vita privata dei cittadini, ma aumenterà anche la fiducia dei consumatori nel business online”.

“Un regolamento uniforme e moderno sulla protezione dei dati è un bene per la crescita – ha sottolineato Reding, in occasione dell’ dell’Informal Justice Council di Dublino – Alcune stime indicano che il Pil europeo potrebbe crescere del 4% entro il 2020 se l’Unione europea prendesse le misure necessarie per la creazione di un moderno mercato unico digitale”.

Entrando nel merito della proposta di regolamento il commissario alla Giustizia ha evidenziato l’opportunità che le nuove norme non riguardino l’uso privato dei dati digitali, così come già previsto per quelli “analogici” nella direttiva sulla protezione delle informazioni del 1995. “Si tratta di un principio sensato – ha spiegato Reding – che dobbiamo mantenere anche nella tutela dei dati digitali, tenendo conto della giurisprudenza in materia”. In pratica, i privati che fanno data processing per uso ‘domestico’ non devono essere sottoposti alle norme mentre lo sono quelle persone che utilizzano i dati ad uso professionale. Ad esempio, se un individuo usa un social network con un numero ristretto di nominativi non deve preoccuparsi delle regole sul data protection. Ma se il social network diventa veicolo per esercitare un’attività commerciale, allora sì.

“Altro punto chiave – ha ricordato Reding – è il diritto all’oblio. Bisogna fare in modo che gli utenti abbiano sempre il controllo dei propri dati, in un’epoca in cui le tecnologie offrono possibilità illimitate di stoccaggio e diffusione delle informazioni”. Il principio è semplice: se un utente ha dato le sue info a una società dovrebbe poter sempre tornare indietro o farle eliminare.

“Il diritto all’oblio – ha puntualizzato il commissario – non significa che vogliamo obbligare le società a sradicare ogni traccia digitale che si è diffusa sul web, ma che semplicemente dovranno informare gli utenti sulle modalità di cancellazione”.

Reding ha tenuto a sottolineare che il diritto all’oblio, così come la privacy, non è un diritto assoluto. “Ci sono – ha detto – altri diritti fondamentali con i quali il diritto di essere dimenticati deve essere equilibrato: la libertà di espressione e la libertà di stampa. Abbiamo tenuto conto anche di questo”.

Sul versante sanzioni amministrative, il commissario ha sottolineato che queste devono essere appropriate, proporzionate e dissuasive, sulla scia di ciò che accade nel settore della concorrenza. “Non capisco perché ai sensi del diritto Ue sulla concorrenza una società è in grado di affrontare una multa fino al 10% del suo fatturato annuo totale, ma una società che elabora illegalmente i dati di milioni di persone, è sottoposta a multe massime che non superano i 600.000 euro”.

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