Rfid, la tecnologia che fa più “trendy” la moda italiana

ll Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Parma ha dato il via a “Rfid Fashion Pilot”, una supply chain pilota per testare l’implementazione della tecnologia Rfid da parte degli operatori di filiera

Pubblicato il 05 Ott 2009

L’Rfid veste la moda. Il Dipartimento di Ingegneria Industriale
dell’Università degli Studi di Parma ha dato il via al progetto
'Rfid Fashion Pilot', una supply chain pilota in cui poter
testare l’implementazione della tecnologia Rfid da parte degli
operatori di filiera.

Nel progetto saranno coinvolti  marchi della moda italiana del
calibro di Trussardi, Branded Apparel Italia (gruppo Dba), Imax
(Gruppo Max Mara), Miroglio Fashion e Dolce & Gabbana Industria.
Queste aziende metteranno a disposizione i siti produttivi, i
magazzini e i punti vendita, e, ovviamente,  i capi di
abbigliamento. Toccherà invece agli Rfid Lab dell’università
emiliana si occuperà del coordinamento scientifico.
I tag Rfid saranno applicati sui capi di abbigliamento: il processo
di taggatura avverrà presso un centro di distribuzione comune e
permetterà di seguire il flusso fisico degli stessi lungo la
supply chain di riferimento, dalla produzione fino alla casa del
punto vendita.

“Grazie alla realizzazione di una supply chain pilota, si intende
valutare la fattibilità tecnica dell’implementazione della
tecnologia Rfid nel contesto del fashion, misurando il livello di
accuratezza ottenibile nell’identificazione dei capi nei diversi
processi – fa sapere l’ateneo di Parma in una nota -. In secondo
luogo si intende quantificare l’impatto economico della
tecnologia sui processi logistici e di punto vendita sia in termini
di riduzione di ore uomo, miglioramento dell’accuratezza e del
servizio al cliente, sia in termini di maggiore affidabilità dei
dati di inventario”.
Durante il progetto verranno tracciati circa 30mila capi di
abbigliamento relativi alla collezione primavera-estate 2010. I
primi risultati saranno disponibili entro la fine dell’estate
2010.

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