L'INTERVENTO

Agenda digitale, puntare su chi investe nel patrimonio professionale

Centrale per il nuovo governo varare nei dettagli i termini di accesso agli appalti premiando le imprese che fanno crescere il capitale umano nel Paese. Mettendo uno stop al proliferare di progetti che incrementano solo utili di breve periodo

Pubblicato il 08 Feb 2013

Rita Bianco ingegnere Nokia Siemens Networks

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In questo periodo di difficoltà private e pubbliche, il nuovo Governo dovrebbe investire nelle tecnologie, nell’agenda digitale in particolare, come suggerito da tutti gli Ad delle maggiori aziende di telecomunicazioni, ma con un’oculatezza speciale, con un’impronta forte e univoca mirata al salvataggio del patrimonio professionale e di talento di almeno due generazioni di lavoratori. Se da una parte, infatti, l’agenda digitale renderà il Paese più veloce, più efficiente, migliorando anche il rapporto tra il cittadino e la burocrazia, dall’altra darà impulso all’economia e alla crescita. Ed è proprio questo secondo punto che richiede un’oculatezza speciale. La domanda è d’obbligo: l’economia e la crescita di chi e che cosa? L’indignazione nella società civile è alle stelle, perché in Italia troppi progetti pubblici vedono l’incremento dell’economia e la crescita del conto corrente di qualche impresa poco raccomandabile.

Il punto di primissima importanza è quindi scegliere bene progetti e soggetti trasparenti ed etici. Le aziende che presenteranno progetti devono presentare un curriculum, oltre che tecnicamente rilevante, profondamente etico. Ma a cosa ci riferiamo col termine etico? Etico è meritocrazia, è competenza verificata, è correttezza concorrenziale ed etica è soprattutto un’azienda che crede nel lavoro e nel capitale umano e non nelle magie finanziarie per investitori sbadati.

Bisognerà che vengano varati nei dettagli i termini di accesso agli appalti, premiando le aziende che fanno crescere il capitale umano nel Paese, che assumono sia giovani menti che gente con esperienza che a cinquant’anni è stata messa alla porta da multinazionali che hanno ridotto o chiuso in Italia per aprire in Paesi dove i diritti dei lavoratori e persino i diritti umani sono violati, premiando le start-up nate da recupero di competenze e eccellenze considerate ‘in esubero’.

Con l’agenda digitale, lo Stato può davvero centrare molti obiettivi: rendere l’amministrazione della cosa pubblica più snella e meno costosa, migliorare la vita del cittadino, rendere il Paese più competitivo e moderno, attraendo capitali esteri, mantenere il patrimonio di conoscenze sul territorio, mitigare la piaga della disoccupazione e ridurre i costi per gli ammortizzatori sociali. Ma i risultati saranno raggiunti solo se si vaglierà la storia delle aziende interessate e in questo ci vorranno molte capacità da chi amministra il denaro pubblico, come sappiamo bene noi ingegneri, tecnici, ricercatori di una multinazionale del settore, Nokia Siemens Networks, che sta abusando dei soldi dei contribuenti italiani per mandare in cassa integrazione e mobilità gente con alti profili e competenze, acquisite in un sito di eccellenza ultracinquantenne, mentre investe su siti di ricerca e sviluppo giovani in paesi low cost (spesso sperperando denaro), solo per fare utili di breve periodo e non per creare seria e duratura ricchezza, né in questa parte del mondo né nell’altra.

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