SCENARI

E-commerce, i negozianti italiani tirano il freno

Poco più della metà dei degli imprenditori ha un sito vetrina e pochissimi vendono via web. E le associazioni si attrezzano per sbloccare l’innovazione

Pubblicato il 10 Apr 2013

Giovanni Iozzia

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La consapevolezza c’è. La volontà in molti casi anche. Ma da qui a dire che il commerciante medio italiano sia pronto ad affontare le sfide proposte dall’e-commerce ce ne corre. “Il commercio non si sta tirando indietro, anche se non possiamo definirlo straordinariamente innovativo”, è la sintesi diplomatica del direttore del Centro Studi di Confcommercio, Mariano Bella, che propone una giustificazione ambientale: l’Italia è un Paese dove tradizionalmente c’è resistenza alle novità e per il commercio non potrebbe essere diversamente. “La resistenza culturale è negli operatori delle imprese, non nelle imprese. Di solito chi le guida è chiamato a innovare, ma chi deve poi lavorare in questo senso frena perché è legato alle abitudini e alle tradizioni”, argomenta Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione (grandi catene della gdo). Risultato: grande o piccolo che sia, il commercio italiano è indietro. E procede a tentoni.

“Il commercio è il mestiere delle persone coraggiose”, sostiene però Cobolli Gigli. “Ce ne sono con intelligenza inprenditoriale superiore alla media che riescono ad anticipare e a innovare, traendone vantaggi. E altre, invece, che si chiudono in se stesse e rimpiangono i bei tempi andati. Il digitale potrebbe permettere anche ai dettaglianti di unirsi e creare piattaforme di informazione su determinati settori o prodotti, con beneficio nei punti vendita fisici”. Potrebbe… perché non è facile per chi ha una piccola bottega lanciarsi nell’oceano digitale senza rischiare di annegare. Altro che intgrazione… Solo poco più della metà degli imprenditori commerciali ha un sito-vetrina (stima Confcommercio). E pochissimi nel web provano a vendere. Il digitale viene visto sì come un’opportunità ma anche come una minaccia, soprattutto in questo momento in cui sembra più facile chiudere che andare avanti. Dal 2010 il saldo tra imprese aperte e chiuse continua ad essere negativo e in aumento (-37mila a fine 2012) e Confesercenti ha appena gridato all’emergenza di fronte ai dati d’inizio 2013. “Ma il commercio ha capito che non è più tempo di fare battaglie di retroguardia – assicura Bella -. Non si può fermare l’oceano con una mano”. Bisogna imparare a nuotare. Ecco perché i giovani di Confcommercio organizzano corsi specializzati e le associazioni territoriali si ingegnano per aiutare gli associati (a Lecco per esempio con una piattaforma di e-commerce collettiva per abbattere i costi fino al 50%). Federdistribuzione, ricorda il presidente, ha delegato alcuni consiglieri del comitato esecutivo a guidare gruppi di lavoro dedicati proprio all’e-commerce e all’evoluzione tecnologica. Analisi e informazioni vengono poi messe a disposizione degli associati da Federdistribuzione Servizi.


“Il futuro non è come il passato. Il confronto digitale va affrontato non in difesa ma all’attacco, altrimenti è perdente. Anche il piccolo commercio deve farsi la punta al cervello, come la matita”, dice Giorgio Rapari, presidente di Assintel, l’associazione Ict di Confcommercio che si è assunta il ruolo di scovare e sostenere l’innovazione. “Abbiamo due grandi strumenti nei confronti di una base che ragiona di pancia, che è alle prese con piccoli problemi quotidiani e spesso soffre ancora il digital divide: il Premio Innovazione, che da cinque anni valorizza le iniziative di cambiamento, e il progetto Innovation Point, un format che aiuta a rinnovare il proprio punto vendita”. Dopo l’edizione 2013 (le candidature sono aperte fino al 12 aprile), Rapari vuole recuperare le storie delle imprese che hanno vinto finora, per capire come si sono radicate nel territorio e portarle di esempio.
Che si vada verso l’integrazione viene dato per scontato. “Io sono convinto che la formula vincente sia quella mista, perché permette di dare il servizio migliore ai clienti”, dice Cobolli Gigli, che però avverte: “Sia chiaro che bisogna fissare alcune regole del gioco ed eliminare le differenze, che ancora ci sono, fra i due canali. E invece io vedo ancora proposte di legge, come la Gentiloni/Silveri, pensate per favorire l’e-commerce. Non credo ne abbia bisogno”.

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