FORMAZIONE

Medaglia: “Competenze digitali più importanti della banda larga”

Il docente della Sapienza: “In Europa siamo maglia nera sulla formazione Ict. Bisogna ripartire dalla riforma dell’Università”

Pubblicato il 04 Lug 2013

Luciana Maci

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“Quando si parla di digital economy si sottolinea sempre l’esigenza di investimenti in banda larga, piuttosto che nell’e-commerce o nel cloud, ma si sottovaluta l’aspetto delle competenze digitali, che invece è basilare. Se improvvisamente in Italia nascessero migliaia di piattaforme di e-commerce, dove troveremo le professionalità per gestirle?”: se lo chiede Carlo Maria Medaglia, docente alla Sapienza e coordinatore dell’area innovazione di Glocus, think tank indipendente impegnato a elaborare progetti e proposte per la modernizzazione del Paese. Intervistato dal Corriere delle Comunicazioni a margine della presentazione a Roma del rapporto “Professioni e Lavoro nel 21esimo secolo” curato proprio da Glocus, Medaglia sottolinea: “Migliorare la formazione nell’ICT non è solo una questione di investire risorse finanziarie, ma anche di avere una visione dell’ecosistema dell’innovazione oggi in Italia”.

Quanto sono importanti le competenze digitali per lo sviluppo di un Paese?

Sono fondamentali. Eppure in Italia siamo più indietro a livello di formazione sulle competenze digitali che sulla penetrazione della banda larga, tanto che Neelie Kroes, Commissario per l’Agenda digitale europea, è solita indicare l’Italia come worst practice in questo campo. Il fatto è che il digitale non ha una connotazione geografica ma è brain intensive. Mi spiego: se produco maglioni fatti con una determinata lana sarda è chiaro che lo posso fare solo in Sardegna, ma per realizzare Google in fondo servono una buona università e un buon computer, il luogo non è determinante. E allora perché Google è nato in quella fucìna di Internet companies che è l’East Coast americana e non, per esempio, in Sicilia? Ne deduco che in Sicilia non avevano una buona università e un buon computer.

Però la Silicon Valley ha potuto contare anche sui finanziamenti del governo federale Usa.

Se spostiamo il problema sull’accesso alle risorse finanziarie allora voglio capire perché non riusciamo a utilizzare pienamente i fondi messi a disposizione dall’Unione europea e chi, e dove, investe male o spreca le risorse.

Cosa dovrebbe fare il governo per contribuire alla formazione dei futuri esperti di ICT?

Nel Decreto del Fare sono previste, tra le altre cose, attività di supporto alle Università, come borse di studio per i più meritevoli, e norme a favore delle start up. Ma il vero problema è riformare l’intero sistema universitario e renderlo più flessibile. E questo non si può fare con un articolo all’interno di un decreto omnibus, ma con un’analisi reale della situazione.

E l’Agenda Digitale? Quanto aiuterà l’Italia a non essere più ‘worst pratice’?

Ha dato grande spazio al mondo della scuola e alle competenze digitali. Ma è molto focalizzata sullo sblocco dei processi della pubblica amministrazione. Ripeto: si continua a parlare di open data, ma chi sta formando le persone che dovranno gestirli? Se l’Agenda ha creato domanda di nuovi impieghi nel settore dell’ICT, occorre capire come si muovono le istituzioni per offrire le “teste” giuste per lavori di questo tipo.

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