Siae, scatta la guerra sull’equo compenso

Un emendamento al ddl Stabilità stabilisce aumenti fino a 6 euro sui prodotti tecnologici. Le risorse verranno redistribuite dalla società autori editori. L’allarme dell’industria e dei consumatori. Gino Paoli presidente Siae: “Analisi demagogiche sulla copia privata”

Pubblicato il 16 Dic 2013

F.Me.

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Dal 2014 smartphone, tablet, computer, hard disk e altri device potrebbero costare di più. Nella legge di Stabilità, ora in discussione alla Camera, è stato infatti inserito un emendamento che fa aumentare l’equo compenso ovvero la tassa che viene incassata dalla Siae per compensare i detentori di copyright a fronte di eventuali download illegali o altro usi illeciti dei contenuti protetti da diritti. Per gli smartphone il contribito per copia passerà dagli attuali 90 centesimi a 5,20 euro mentre per i tabler dai dai 3,20 ai 5,20 euro e per i computer da 3,20 a 6 euro.

L’emendamento 167-bis stabilisce che “al fine di sostenere il diritto d’autore e le attività dello spettacolo, dall’entrata in vigore della presente legge, i compensi previsti per ciascuno degli apparecchi o supporti di cui al comma 1 dell’articolo 71-septies della legge 22 aprile 1941, n. 633, sono aggiornati, con il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo di cui al medesimo articolo 71-septies, in misura almeno pari alle corrispondenti medie europee accertate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Società Italiana Autori Editori (S.I.A.E.), e calcolate con esclusivo riguardo ai Paesi Europei nei cui ordinamenti è prevista la remunerazione della riproduzione privata ad uso personale. Il 50 per cento dell’eventuale incremento rispetto all’esercizio 2012 dei compensi ripartibili annualmente alla S.I.A.E ai sensi dei commi 1 e 3 dell’articolo 71-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, è destinato dalla S.I.A.E. stessa, d’intesa con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al sostegno delle attività previste dal comma 2 dall’articolo 2 dello statuto della S.I.A.E.”.

Secondo Francesco Ribaudo (Pd), uno dei firmatari del provvedimento, l’emendamento porterà l’Italia ad uniformarsi con gli altri paesi europei e permetterà di raccogliere delle somme importanti che potranno esser utilizzate per sostenere “nuovi talenti nei campi della musica, del cinema, del teatro e della letteratura”. Grazie ai rincari, che riguarderanno anche smartphone, tablet, computer e Smart Tv, la Siae potrebbe incassare dai 130 ai 200 milioni di euro.

Come verranno impiegati i soldi raccolti dell’equo compenso? La Siae ha già fatto sapere che utilizzerà questo fondo per supportare e diffondere la cultura, offrendo borse di studio, premi, finanziamenti ed altre forme di aiuto per musicisti, cantautori ed altri artisti emergenti particolarmente talentuosi.

Ma dall’industria di settore arriva l’allarme. Non un euro finirà al settore tecnologico come sottolinea Cristiano Radaelli, presidente dell’Anitec, Associazione Nazionale Industria Informatica Telecomunicazioni ed Elettronica di consumo. “Dobbiamo subito ribadire che nuovi aggiuntivi balzelli non farebbero che penalizzare ulteriormente l’innovazione tecnologica – puntualizza Radaelli – Se implementata, questa richiesta si trasformerebbe, di fatto, in un costo aggiuntivo che graverebbe sui consumatori e sulle famiglie, generando il concreto rischio di allargare il Digital Divide italiano”.

Intanto dalla Siae il presidente Gino Paoli ribadisce con una lettera la propria posizione: “Come autore e come Presidente della Siae sento il dovere di semplificare la questione a beneficio dei cittadini e quindi faccio una semplice considerazione e pongo due semplici domande a quanti, incomprensibilmente schierati con le aziende multinazionali che producono gli apparati tecnologici, contrastano l’aggiornamento delle tariffe. La prima: perché in Italia le tariffe degli smartphone sono a 0,90 centesimi, quelle dei tablet a 1,90 euro e quelle dei telefoni non smartphone a 0,90 centesimi mentre in Germania variano da 16 a 36 euro (secondo le capacità di memoria) e in Francia da 2,80 a 14,72 euro? La seconda: perché gli autori, gli interpreti esecutori e i produttori di contenuti del nostro Paese non possono avere pari dignità e devono continuare a produrre opere dell’ingegno senza avere adeguato compenso e quindi continuando ad essere figli di un dio minore?”

L’opposizione di Radaelli: “Ad oggi su 28 paesi europei il compenso per copia privata viene pagato dai produttori in 22 – ricorda Radaelli – mentre in 6 il compenso non viene pagato. Come Anitec riteniamo innanzitutto che debbano essere salvaguardati da una parte i diritti degli autori perché venga loro riconosciuto un compenso per la loro opera d’ingegno e dall’altra gli sforzi dello Stato nell’accelerare l’innovazione e la diffusione delle tecnologie digitali, il più potente motore di sviluppo e di creazione di posti di lavoro. Come sappiamo, l’Italia è oggi agli ultimi posti in Europa per l’utilizzo delle nuove tecnologie e il nostro sviluppo dipende in modo essenziale dalla loro diffusione e utilizzo. Proprio in vista del turno alla Presidenza Europea, il governo sta cercando di implementare quanto necessario per recuperare il gap rispetto agli altri paesi e raggiungere gli obiettivi dettati dell’Agenda Digitale anche, ad esempio, attraverso la digitalizzazione della didattica e la trasformazione dei libri di testo in versione digitale, chiedendo quindi a famiglie e studenti di dotarsi di tablet o e-book. È quindi di tutta evidenza che, nel momento in cui viene evidenziata l’importanza del miglioramento dei sistemi formativi, sarebbe quanto meno discutibile e contro tendenza inserire “balzelli” specificatamente su quei prodotti per i quali viene avanzata la richiesta alla famiglie di dotarsene.

In conclusione l’industria Ict dice no a nuovi balzelli “che avrebbero solo il risultato di frenare ulteriormente lo sviluppo italiano nel mondo digitale”.

Secondo Marci Polillo, presidente di Confindustria Cultura Italia, “è urgente l’adeguamento dei compensi per le riproduzioni personali a scopo privato di opere digitali”.

“L’evoluzione tecnologica – sottolinea Polillo – rispetto al 2009, quando furono fissate le tariffe da applicare ai vari supporti di memoria, ha portato allo sviluppo di prodotti sempre più utilizzati per il consumo di contenuti: oggi smartphone e tablet sono oggetti ben diversi da un telefonino che riproduceva una suoneria di qualche anno fa”.

“Non è quindi assolutamente consentito affermare che le nostre industrie siano contro l’innovazione – ha concluso Polillo, a nome di tutta l’industria culturale italiana – Adeguare i compensi, in linea con quelli degli altri paesi europei, non significa tassare l’innovazione come scrivono alcuni organi di informazione, ma consentire ai consumatori di sfruttare al meglio un’eccezione prevista dalla legge per realizzare copie personali su vari apparati mobili, un’opportunità a fronte di un piccolo contributo che serve a remunerare il lavoro di chi crea cultura “

Per Altroconsumo “è una tassa iniqua”. “Chi acquista musica e film legalmente da piattaforme online paga già i diritti d’autore per poterne fruire e fare copie su un certo numero di supporti: è profondamente ingiusto che paghi una tassa anche su questi stessi supporti, trovandosi così a pagare due volte – si spiega in una nota – Non è una misura condivisa in tutta Europa: in alcuni Paesi l’equo compenso semplicemente non esiste. L’Italia si sta spingendo nella direzione sbagliata in controtendenza rispetto all’Europa dove si sta ridiscutendo alla radice l’equo compenso; in questo modo il nostro Paese penalizza la propria economia digitale in un momento in cui dovrebbe cercare di guardare al futuro.

Secondo Altronconsumo “il decreto non fa altro che innalzare le quote già imposte dal precedente decreto Bondi, portando i precedenti 80 milioni di prelievo annuo a oltre 200 milioni. Secondo la legge, poi, il Ministero avrebbe dovuto procedere all’aggiornamento del precedente decreto, sulla base dei lavori di un tavolo tecnico da istituire con tutti i rappresentanti delle categorie interessate. Il tavolo in questione non è mai stato istituito: ignorati i consumatori, solo quattro amici al bar hanno deciso per tutti”.

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