IL CONVEGNO

Microelettronica, sindacati in pressing sul Governo: “Serve una politica industriale”

Fim, Fiom e Uilm a confronto sugli scenari di una “tecnologia abilitante per un lavoro di qualità”. L’appello all’esecutivo e alle Regioni: “Necessarie scelte più incisive di sostegno all’occupazione e allo sviluppo”

Pubblicato il 02 Lug 2015

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“Occorrono scelte forti da parte del Governo e delle istituzioni, tra cui la conferma del controllo pubblico su StM e l’attuazione dell’agenda digitale e indirizzi nei confronti delle aziende per il rilancio degli investimenti tecnologici. E’ urgente che finalmente ci si occupi di politica industriale e ci si preoccupi di sostenere i settori strategici, proprio per preservare e sviluppare il ruolo del nostro Paese tra le economie avanzate”. Lo ha detto Nicola Alberta (nella foto), coordinatore nazionale Fim Cisl della Microelettronica al convegno organizzato da Fim, Fiom e Uilm al Centro Congressi Cavour, a Roma. Un evento per discutere delle prospettive del settore, che in Italia vede la presenza di importanti gruppi tra cui StM, Micron, Lfaundry, 3Sun, e sollecitare il Governo e le istituzioni regionali “a scelte più incisive di sostegno all’occupazione e allo sviluppo industriale”. Al convegno hanno partecipato Roberta Turi, segretario nazionale Fiom, Luca Maria Colonna per la segreteria nazionale Uilm, Marco Bona (Ftm-Cgt), Paolo Brambilla, Sindaco di Vimercate, Marco Faccio, professore di Elettronica dei sistemi digitali all’università degli studi dell’Aquila, Massimo Mucchetti, presidente della commissione Attività produttive del Senato, e Simona Vicari, sottosegretaria al ministero dello Sviluppo economico.

“Ritieniamo positivo che, nonostante l’assenza del ministero dello Sviluppo economico, molti parlamentari e rappresentanti istituzionali dei territori presenti al convegno si siano impegnati per sostenere il riavvio del tavolo di confronto sulla microelettronica che si è interrotto quasi un anno fa – afferma Roberta Turi – Nell’ultimo incontro che si è svolto a settembre del 2014 il Mise propose di sviluppare un documento che contenesse le strategie e definisse gli strumenti per avviare concretamente le attività legate al tavolo di settore. Purtroppo, nonostante il percorso fatto, non si è più dato seguito a quanto discusso, il documento strategico non si è mai visto e non si è mai passati ad una fase “esecutiva”. Quel percorso va riavviato e vanno identificati strumenti di politica industriale per il rilancio della microelettronica nel paese. Va inoltre risolta definitivamente la vertenza Micron – conclude Turi – che vede ancora oggi dodici lavoratori in cassa integrazione che rischiano di essere licenziati dopo il 21 luglio. Nei prossimi giorni proseguirà la mobilitazione contro i licenziamenti”.

Tra le richieste dei sindacati, contenute in un documento di proposte per rilanciare il settore, c’è anche il riavvio del confronto sull’elettronica e la microelettronica avviato nel 2014 dal Ministero dello sviluppo economico. Sul campo delle proposte, in un settore “strategico per lo sviluppo industriale del nostro Paese”, trasversale ai diversi comparti dell’alta tecnologia come l’automotive, l’automazione, la mobilità sostenibile, compare anche la necessità “di impegni pubblici nella rete e nelle infrastrutture” e il “sostegno ai programmi di ricerca e di investimenti tecnologici delle imprese”.

“Sollecitiamo il Ministero – scrivono Fim, Fiom e Uilm – a definire l’annunciato ‘documento strategico nazionale’ di indirizzo complessivo su ricerca tecnologica, ricerca e sviluppo e rilancio della manifattura nel settore della microelettronica, e le Regioni a predisporre le linee specifiche di ‘smart-specialization’ sulle filiere produttive e le aree tecnologiche da valorizzare”.

“Occorre fronteggiare le scelte di disimpegno dal nostro Paese delle imprese multinazionali – conclude la nota dei sindacati – e impedire licenziamenti e dispersione di competenze come sta avvenendo da parte di Micron, esigendo precisi impegni di salvaguardia dell’occupazione e dei siti industriali”.

Il mercato mondiale della microelettronica e delle cosiddette “tecnologie chiave”, che comprende anche la nanoelettronica, la biotecnologia industriale, la fotonica e i sistemi di fabbricazione avanzata, è in rapida espansione. Le stime di settore prevedono che crescerà, passando entro il 2015 da 646 miliardi a più di mille miliardi, mentre dal settore dipende circa il 10% del Pil Ue.

In Italia la microelettronica vede oggi circa 15mila addetti cui si aggiungono altri 30.000 dell’indotto, con il mercato nazionale che vale complessivamente un miliardo di euro, ma con profonde differenze rispetto al passato: nel 2000 più del 70% del mercato veniva da produzioni locali o europee, mentre oggi il 75% del volume della produzione e dei consumi mondiali di elettronica si è spostato sull’asse del Pacifico, nelle aree degli Usa e dell’Asia, e quindi importato.

In Europa le grandi aziende del settore si sono riunite nel “gruppo dei leader dell’elettronica”, che vede insieme i vertici di Alcatel-Lucent, StMicroelectronics, Soitec, Infineon, Globalfoundries, Nxp, Fraunhofer, Arm, Asml, Imec, Cea e Intel Ireland, e che chiede all’Ue di assicurare un ruolo di primo piano in questo campo, raddoppiando la produzione di componenti per semiconduttori nei prossimi dieci anni.

Tra le realtà industriali italiane o con sede in Italia che hanno un ruolo globale importante ci sono STMicroelectronics, con circa 10.000 addetti operanti nelle sedi di Agrate, Castelletto, Catania, Caserta, a controllo pubblico paritetico Italia-Francia, interessata da ipotesi di privatizzazione con il coinvolgimento del Fondo strategico di Cdp, tra i primi fornitori mondiali di semiconduttori nell’automobile e nelle soluzioni per l’industria, LSFoundry di Avezzano, che è la seconda realtà in Italia con circa 1.500 addetti, e la multinazionale statunitense Micron, che nel 2014 ha avviato un processo di ridimensionamento con la riduzione occupazionale di circa 400 unità nel nostro Paese e oggi occupa circa 800 addetti, “e che ha in corso – concludono i sindacati – una procedura di licenziamento collettivo per 15 lavoratori.

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