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Apple Watch, sviluppatori e startup ai blocchi di partenza

L’apertura alle app sviluppate da terze parti ci sarà molto probabilmente in autunno con l’aggiornamento del sistema operativo Apple

Pubblicato il 01 Ago 2015

Marco Viviani

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Saranno soprattutto le startup e i loro sviluppatori ad approfittare dell’opportunità fornita dall’arrivo sul mercato italiano il 26 giugno scorso degli Apple Watch, gli smartwatch di Cupertino che si apprestano a diventare un nuovo oggetto di culto tecnologico.

Un device nuovo, con caratteristiche proprie di sensori e interfaccia, dovrebbe dare spazio a nuove idee, intuizioni, talenti. Insomma, nuove startup. Che insieme a quelle già esistenti saranno chiamate a realizzare applicazioni dedicate. Le ragioni? A prima vista gli orologi intelligenti hanno funzioni simili o identiche a quelle degli smartphone, con la maggiore comodità di averli sempre al polso, indosso. Tuttavia, alle app terminali, mere estensioni di quelle già esistenti sullo smartphone della mela morsicata, arriveranno prima poi le app di terze parti, la vera scommessa del mercato. Al momento però il discorso è prematuro.

Così la pensa Alan Cassini, mobile project manager, con un’esperienza anche in Apple a Cork (Irlanda), che dall’anno scorso ha stabilito una costola a San Francisco per andare a caccia di idee e prototipi da proporre ai clienti italiani. “Nel primo giorno di prevendite online Apple ha venduto più smartwatch di tutti i concorrenti messi assieme nell’intero periodo precedente”, racconta tornato dalla California dove ha per l’occasione acquistato alcuni esemplari dell’orologio intelligente.

Dal punto di vista del consumatore, questo smartwatch è un perfetto prodotto Apple: è arrivato dopo, ma ha già caratterizzato il mercato. Non è un singolo oggetto originalmente sviluppato – come nel caso dei primi smartwatch – ma un device totalmente integrato nell’ecosistema della casa. È appena nato, ma sono già disponibili 3.500 applicazioni: erano 500 inizialmente per iPhone nel 2008 e 1.000 per iPad nel 2010. “Esistono già le app Health e Activity per iPhone – prosegue Cassini – che sono trasferite sull’orologio. Queste app hanno già una buona capacità di elaborare questo tipo di dati”. Cassini sta già lavorando a qualche estensione per i suoi clienti (le banche, ad esempio, stanno chiedendo il dialogo smartwatch-phone), ma è convinto che per qualche tempo i player saranno gli stessi che sviluppano su iPhone. Il motivo è che l’orologio è fortemente dipendente dall’iPhone, sia dal punto di vista delle funzioni che da quello computazionale. L’appuntamento vero con il mondo delle startup digitali è dunque rimandato al prossimo aggiornamento del sistema operativo, presumibilmente in autunno, che aprirà più facilmente alle terze parti. Nel frattempo qualcuno si starà certamente muovendo, dopotutto il linguaggio codice è lo stesso dell’iPhone, ma è normale che attualmente siano poche le realtà in Italia che già pensano e dichiarano di voler entrare nell’app store con applicazioni dedicate. Molto probabilmente, quando verranno, saranno aziende che lavorano nella salute e nel fitness. Ad H-Farm, l’incubatore di Riccardo Donadon a Roncade, c’è il progetto Technogym, dove sono residenti alcune startup (una di queste è WeFitter) che già lavorano coi dati prodotti dagli smartwatch. Digital Magics sta incubando la startup YouSpa che lavora a un portale multilingue con motore di ricerca delle Spa già pensato come release per il watch di Apple. In Italia ci sono diverse società che realizzano sia la parte hardware che software nel fitness e nella salute, si sono notate nell’ultimo anno negli startup contest. Saranno certamente trascinate dallo sbarco dello smartwatch di Apple.

Anche se il mercato per le app dedicate è quindi davvero in embrione, c’è chi crede fortemente nel suo utilizzo. La community di sviluppatori di Appsterdam Milano non vede l’ora di metterci mano. Il concetto è che l’Apple Watch accorcia un’altra volta il tratto uomo-interfaccia, dopo il mouse e il touch, dunque tutte le applicazioni verranno ripensate per il cambio di interazione, che è sempre un cambio di paradigma. “Le possibilità sono innumerevoli”, spiegano in coro, “verranno concepite nuove idee, e miglioreranno il rapporto tra la persona e il dispositivo”. Tutto dipende da quale sarà la proporzione tra Watch e Phone: uno ogni molti, oppure uno a uno? Lo si potrebbe ritenere impossibile se si confrontano i numeri delle prevendite, per quanto ottimi, con quelli dell’iPhone. Quando però c’è di mezzo Cupertino è meglio non azzardare previsioni.

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