LA STRATEGIA

Network edge, il futuro è ai bordi della Rete

La capacità di calcolo e archiviazione delle reti necessita di un approccio periferico e non più centrale, maggiormente vicino ai gruppi di consumatori. Per questo cambio di strategia Idc stima quasi 18 miliardi di spesa già nel 2016

Pubblicato il 06 Mar 2016

Antonio Dini

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Dove toccano terra le nuvole? Dove si scaricano i fulmini? Nelle metafore degli esperti di reti i punti di contatto tra i blocchi della rete e il mondo reale si chiamano “network edge”. Sono punti importanti perché sono punti di presenza molto densi e veloci: appoggiarsi a specifici datacenter geolicalizzati, a delle content delivery network (CDN) particolari che però sono lontane da dove c’è richiesta di bit, è inutile e al limite dannoso.

Ecco perché il pensiero strategico su dove portare i network edge in futuro è molto rilevante. E la novità è che gli studi di questo settore identificano una strategia completamente diversa rispetto a quella seguita sino ad ora: da venti anni i mercati Tier 1 sono otto. Domani non più. Il punto è portare capacità di calcolo e archiviazione ai bordi della rete piuttosto che non al suo centro, per favorire la vicinanza con i grandi gruppi di consumatori, i cosiddetti “punti caldi”.

Secondo IDC l’approccio alla converged infrastructure porterà nel corso di quest’anno a una spesa di 17,8 miliardi di dollari. È un segnale di quanto il mercato scommetta su questa soluzione. I punti caldi del futuro? Si scommette su cento città che ancora non ci sono (o che sono minuscole) ma che in dieci anni supereranno i dieci o più milioni di abitanti.

Cina, India, ma anche America Latina, Sudest asiatico, spezzoni di Africa. Inurbamento a ritmi forzati, la tendenza di crescita è segnata e i bit contenuti nelle nuvole si stanno spostando là dove ci sarà il pubblico di consumatori del futuro.

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