CYBER-SPIONAGGIO

Social-gate, la rivelazione di Twitter: trovati 200 account russi pro-Trump

Washington indaga sulle ads politiche che avrebbero influenzato le elezioni presidenziali: nel mirino anche Facebook e Google. Capitol Hill non si accontenta delle informazioni fornite finora dalle web companies: “Sottovalutano gli account che minacciano le istituzioni democratiche”

Pubblicato il 29 Set 2017

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Twitter ha rivelato al Congresso americano di aver chiuso oltre 200 profili collegati agli stessi gruppi russi che hanno acquistato su Facebook pubblicità politiche pro-Donald Trump nel tentativo di influenzare le elezioni presidenziali del 2016. La conferma è arrivata in un post sul blog di Twitter che ha reso pubblici alcuni dettagli sui troll legati al Cremlino.

Twitter, che ha incontrato in una seduta a porte chiuse prima i rappresentanti del Senate Intelligence Committee e poi quelli dell’House Intelligence Committee, ha anche individuato tre profili sulla sua piattaforma legati al sito di news governativo russo RT: avrebbero speso complessivamente 274.100 dollari in Twitter ads nel settembre del 2016, a ridosso delle elezioni presidenziali.

Washington non è però soddisfatta dalle informazioni fornite dal sito dei cinguetii. Il senatore Mark R. Warner, Democratico della Virginia, si chiede quanti altri profili collegati con la politica o l’intelligence russe non siano stati portati alla luce e attacca Twitter perché non farebbe abbastanza per fermare l’utilizzo della sua piattaforma per diffondere disinformazione e instabilità nella società americana. Warner ha definito la presentazione di Twitter “deludente e inadeguata da ogni punto di vista”: l’azienda, secondo il senatore, non comprenderebbe la gravità della situazione e la minaccia che i troll di paesi esteri pongono alle istituzioni democratiche.

L’ira di Washington contro i tentativi di ingerenza nella politica Usa da parte di organizzazioni governative straniere si estende ad altri colossi del web: l’incontro tra i legali di Twitter e i membri del Congresso è infatti parte di un’indagine più ampia attraverso la quale Capitol Hill sta cercando di capire in che modo il Cremlino abbia usato anche Google, Facebook e altre piattaforme per diffondere informazioni false e danneggiare la candidata democratica, Hillary Clinton. Solo pochi giorni fa Facebook ha annunciato che presto consegnerà al governo le copie di 3.000 ads politiche comprate attraverso account russi durante le elezioni dello scorso anno. Come svelato dal Washington Post, alcune di queste ads sostenevano Black Lives Matter e altri movimenti per i diritti dei cittadini afro-americani e si rivolgevano agli americani di zone come Ferguson e Baltimore dove è alta la tensione a causa dei gravi scontri tra polizia e persone di colore. In altre aree degli Stati Uniti, però, le ads sono state tarate in modo da presentare i movimenti afro-americani come una minaccia per gli Stati Uniti. Altre ads erano rivolte a utenti anti-Islam e suggerivano che la Clinton aveva il supporto della comunità musulmana.

Una ventina degli account Twitter (ora tutti chiusi) erano associati a 470 account e pagine su Facebook che, ha svelato l’azienda di Mark Zuckerberg, arrivavano dalla Internet Resarch Agency, un troll collegato con la Russia. Anche per questo rimbalzo di account sui due siti, il Senate Intelligence Committee ha invitato i social network il 1 novembre a un incontro congiunto, cui dovrà partecipare anche Google per il peso che ha sul mercato pubblicitario (Mountain View ha per ora negato che nelle sue ads si siano insinuati i troll russi).

Infine, siccome le indagini interne condotte dalla piattaforme Internet per scovare profili e contenuti che influiscono illecitamente sulla vita politica del paese sono considerate insufficienti, il Congresso non esclude di estendere la sua vigilanza approvando nuove leggi più restrittive nei confronti della Silicon valley e del suo business pubblicitario miliardario. La scorsa settimana il citato senatore Warner e la senatrice Amy Klobuchar, Democratica del Minnesota, hanno invitato i colleghi a sostenere una bozza di legge che inasprisce le norme di trasparenza e disclosure per le piattaforme online su cui girano ads a contenuto politico, come già avviene per le reti televisive: il consenso, scrive il Washington Post, sarebbe bipartisan.

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