SENTIERI DEL VIDEO

Svegliati cinema. O perdi la partita online

I produttori pretendono un percorso prefissato per la vita commerciale del loro prodotto: Internet, nella loro testa, serve prima a promuovere il film nelle sale, poi a fiancheggiare il boccheggiante homevideo

Pubblicato il 04 Giu 2012

Enrico Menduni

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Uno studente mi chiede come mai i dischi appena usciti siano in vendita su iTunes e negli altri negozi online, mentre i film no. Una domanda chiave, che ci mostra quanto siano diversi il mercato della musica e quello del cinema. O, se preferite, le due diverse cocciutaggini: quella dei discografici e quella dei cinematografari.

In effetti, l’immediata disponibilità della musica fair price, low cost, ha ridotto fortemente l’area della replicazione illegale dei dischi. Per quello che riguarda i film, invece, chi li vuole vedere subito a casa e non può andare al cinema ricorre alla pirateria, con tutta l’illegalità e l’incertezza del caso. Non gli è data un’altra scelta.

Il fatto è che l’arrivo dell’online non ha trovato, nella musica, un mercato theatrical da difendere. Certo, le rockstar fanno concerti, ma la forma dominante di accesso alla musica è – dagli anni Trenta – sentirla alla radio o comprare il disco. Poi si sono aggiunti i videoclip e YouTube, ma insomma non è il concerto la forma prevalente: si tratta di un’altra cosa, un rito per i fan, in cui si mescolano sapientemente canzoni nuove e classici.

Il cinema invece nasce theatrical, nelle sale, e già faceva fatica a fare i conti con la tv e con il videoregistratore. I produttori pretendono un percorso prefissato per la vita commerciale del loro prodotto, prima nelle sale, poi nella pay-per view, poi nell’homevideo e infine nella tv in chiaro. L’online, nella loro testa, serve prima a promuovere il film nelle sale, poi a fiancheggiare il boccheggiante homevideo. Ognuno può pensarla come vuole, ma sicuramente streaming e downloading non sono una versione migliorata dei Dvd, sono proprio un’altra cosa, intercettano altri pubblici e sono connessi ad altre pratiche sociali.

Il cinema oggi sta tornando alla sala, divenuta caverna di visioni enhanced, arricchite, spesso tridimensionali, digitali e senza pellicola (non sempre, come nel caso dell’Imax). I multiplex sono all’interno dei centri commerciali: adesso anche le sciampiste hanno letto “Non-Luoghi” di Marc Augé, figuriamoci gli uomini del marketing, e quindi i centri commerciali sono molto meno anonimi, fasulli o esagerati di come vorrebbe una stanca critica delle “surmodernità”.

C’è una ripresa della visione theatrical: devo dire che quando l’alieno cattivo di “Men in Black III” tirava i suoi proiettili contro la platea, in 3D, l’istinto era di scansarsi, da quanto sembravano veri. Bene, bravi, ma se non fate i conti con la distribuzione digitale del film alle persone comuni tutto questo non può bastare.

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