INTERNET

Agcom e Nielsen, è guerra di cifre sulla pubblicità online

Per il regolatore i ricavi dall’advertising online nel 2011 sono più di 1,5 miliardi, per la società di analisi appena 635 milioni. Ma l’Autorità include anche il “search”

Pubblicato il 25 Set 2012

Luciana Maci

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È guerra di cifre tra Agcom e Nielsen Media Research sui ricavi da investimenti pubblicitari su Internet. Dalla “Relazione annuale 2012 sull’attività svolta e sui programmi di lavoro”, appena pubblicata dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, emerge che, nel 2011, i ricavi da pubblicità nazionale e locale sulla rete hanno superato il miliardo e 578 milioni di euro (per l’esattezza 1.578,40 milioni). Quota di mercato interessante e soprattutto in forte crescita: la pubblicità su Internet ha registrato, sempre secondo l’Agcom, un balzo del 34,1% rispetto al 2010. Ma il rapporto su “Il mercato pubblicitario italiano Nielsen Q4 2011” delinea uno scenario molto diverso: gli investimenti totali in pubblicità su Internet nel 2011 equivarrebbero a 635 milioni di euro, facendo registrare un aumento del 12,2% rispetto all’anno precedente. Chi ha ragione, Agcom o Nielsen? Come è possibile che dal confronto dei dati diffusi dai due organismi emerga un gap di quasi 950 milioni di euro?

In realtà la spiegazione, anzi le spiegazioni, ci sono, anche se per trovarle occorre scavare all’interno dei documenti e saper dare la giusta interpretazione ai numeri. Innanzitutto, specificano da Agcom, dai 1.578,40 milioni di ricavi stimati (gli esperti sottolineano che si tratta appunto di una stima, da confermare l’anno successivo) va scorporata la cosiddetta annualistica, ovvero la pubblicità online relativa agli annuari. Così facendo i ricavi effettivi scendono a 1.009,3 milioni di euro. Ma ancora i numeri non quadrano. E allora intervengono i ricercatori della Nielsen a spiegare che le differenze con le previsioni di Agcom “sono dovute alla diversa metodologia di rilevazione e al fatto che i nostri dati non includono tutto il search e altri siti come Youtube, Facebook e le directories (pubblicità per categorie)”.

A conferma di questa versione, Agcom sottolinea che tra le società che operano come concessionarie di pubblicità e che hanno contribuito alla ricerca fornendo i dati in loro possesso ci sono Facebook, Yahoo Italia e Microsoft.

A questo punto, accogliendo le motivazioni offerte da entrambi, non resta che constatare come il mercato pubblicitario del “search” ammonti, a meno di smentite e con un necessario margine di approssimazione, a poco meno di 400 milioni di euro. Una maggiore chiarezza nello scorporo dei dati sarebbe però auspicabile nelle future relazioni sull’argomento, soprattutto da parte di Nielsen.

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