L'INTERVISTA

Parisi: “Con Chili Tv sfido iTunes e Netflix”

Il manager punta al mercato dei film online con la prima piattaforma italiana over the top: “Abbiamo accordi con quasi tutti i produttori di tv che vedono in noi una leva per traghettarsi sui nuovi business model”

Pubblicato il 15 Ott 2012

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Ora i film in catalogo sono 1.500, ma la quota è destinata a raddoppiare nel giro di 4-5 mesi grazie ad accordi con le maggiori major Usa (Disney compresa), e le società italiane di distribuzione. È l’arsenale di contenuti con cui sta decollando Chili Tv, ultima scommessa dell’ex ad Fastweb Stefano Parisi: una piattaforma per la distribuzione di film online, che punta a conquistare per prima un mercato ancora in embrione in Italia, ma che negli Usa vale già un miliardo di dollari. Chili (presidente lo stesso Parisi, ad Giorgio Tacchia) nasce come spin off di Fastweb – la maggioranza delle azioni è detenuta dai soci manager, il 41,4% da Fastweb attraverso e.BisMedia, il 15,4% dal fondo Antares – e sulla piazza italiana gioca d’anticipo nel ruolo di Over the top. Nessun abbonamento, niente set top box, consente download e streaming di alta qualità (anche in mobilità con 3G) ed è accessibile da Tv, pc, tablet, smartphone (attivabili 5 device contemporaneamente). Tutti ingredienti che piazzano Chili.Tv in diretta concorrenza con iTunes.
Stefano Parisi, perché riprovarci con il cinema, dopo l’esperienza dell’Iptv a Fastweb?
Internet di fatto è sempre più il luogo in cui si consumano video. In Italia è un mercato che vale ancora pochissimo, ma cresce a ritmi strabilianti. Abbiamo solo 1 milione e mezzo di tv smart su 18 milioni di apparecchi: c’è molto da crescere. Dall’altro lato c’è un’industria, quella cinematografica, ancora modellata sui tempi dell’uscita in sala a fronte, parlo dell’Italia, di un’affluenza bassissima. Il 40% degli italiani non è mai entrato in una sala e l’80% dei biglietti viene venduto grazie al 20% del restante 60%. Tutto il mercato si concentra su 7-8 film di grido, i cosiddetti current. C’è quindi un enorme patrimonio di produzione di qualità che va disperso, che spesso non va neanche nelle sale. Oppure, se ci va, non funziona. Internet offre una seconda vita a questi film, se non addirittura una prima vita. Una library che abbia riscosso minor successo in sala può essere rilanciata su Internet, e con sistemi di qualità.
L’industria cinematografica gioca a favore?
Qualcosa si sta muovendo, produttori e distributori cominciano a ragionare su altri business model e ci sono aperture da parte di associazioni come la Fapav. Lo scoglio principale rimane la finestra di tre mesi dall’uscita in sala imposta all’home video. Questo fa sì che durante la “window” l’unico download possibile sia quello illegale. Eppure l’unica arma antipirateria è l’offerta legale: secondo l’Istat il 60% di chi fa pirateria è disposto a pagare per l’offerta legale, anche perché la qualità “pirata” è pessima. I mancati acquisti derivanti dal download illegale valgono 600 milioni.
L’Europa come si muove in questo senso?
Ci sono temi che stiamo ponendo sul tavolo del Commissario Ue Neelie Kroes. Una nuova gestione delle “finestre”, così come l’emergere di piattaforme come la nostra, possono rivelarsi centrali per il cinema italiano ed europeo, in netto svantaggio com’è rispetto al mercato unico Usa e a vincoli americani molto più light. È assurdo puntare a un single market per i prodotti fisici lasciando picchetti alla circolazione digitale. Significa mettere le aziende in condizione di non competere. Per questo chiediamo un european single digital market. La sfida è: o noi e i nostri concorrenti riusciamo a crescere, o dovremo subire l’invasione dei vari Netflix.
In Italia dovete vedervela con iTunes, però.
Intanto con Chili Tv non c’è bisogno di set top box. E mentre gli altri operatori sono molto verticali, noi siamo Ott totali. In più possiamo contare su un ottimo riscontro da parte di produttori e distributori di film e della consumer electronics. Abbiamo accordi con quasi tutti i produttori di tv – Samsung, Lg, Panasonic, Sharpe – che vedono in noi una leva per traghettarsi sui nuovi business model dove diventa centrale la customer base e dove l’accordo con piattaforme come la nostra prevede una quota di ricavi. Un business agli albori, ma con un grosso potenziale.

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