EDITORIA

Salta il divieto di incrocio Tv-giornali: e ora?

Nell’indifferenza del Governo con la fine dell’anno verrà a cessare il veto di acquisizione di partecipazioni in imprese editrici di giornali per chi esercita attività televisiva: un fattore che potrebbe cambiare le carte nel panorama dei media italiano

Pubblicato il 16 Dic 2013

Stefano Cuppi

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Come piccole bombe a orologeria, i dispositivi della legge Gasparri continuano a produrre i loro effetti implacabili. Se da una parte il vice ministro Catricalà ha ribadito che il 6 maggio 2016 spira la concessione del servizio pubblico e che non esiste nella legge alcuna procedura per riaffidarla alla Rai, ergo l’azienda pubblica oggi non ha alcun valore di mercato ed è inutile privatizzarla, dall’altra fra pochi giorni viene a cessare il divieto di incrocio fra proprietà di aziende televisive e giornali quotidiani.

Il governo Monti aveva inserito nella legge di stabilità 2013 un comma (il 427) che prorogava tale divieto fino al 31 dicembre 2013. Probabilmente Monti intendeva mettere al riparo da scalate il gruppo RCS: da pochi giorni Berlusconi era passato all’opposizione ed il patto di sindacato RCS stava discutendo un difficile aumento di capitale; data la mai celata passione del proprietario della Fininvest per il Corriere della Sera, il pericolo di scalata era incombente.

Il governo Letta non sembra invece mostrare alcuna sensibilità in merito. La delega per il settore Comunicazioni è tuttora del vice ministro Catricalà che ben conosce le disposizioni del Titolo VI del Testo Unico “Norme a tutela della concorrenza e del mercato” e del relativo Art. 43 “Posizioni dominanti nel sistema integrato delle comunicazioni”, avendo ricoperto la carica di Presidente dell’Antitrust.

Ma evidentemente Catricalà ritiene che infine sia giusto consentire a Fininvest di comprare giornali quotidiani, a partire dal Giornale, oggi del fratello Paolo; se Caltagirone volesse vendere il Messaggero e gli altri quotidiani del gruppo avrebbe un potenziale compratore; se le liti fra Elkann e Della Valle per il controllo di RCS non trovassero una composizione ecco che il nuovo importante azionista Fininvest potrebbe rideterminare gli equlilibri; e magari Sallusti potrebbe ritornare al Corriere come direttore responsabile.

Le posizioni della neonata segreteria del Partito Democratico su questo tema non sono note.

E’ pur vero che non siamo più ai tempi dei dibattiti infuocati sulla Gasparri. Oggi il mercato dei media è profondamente cambiato; le Tv ed i quotidiani sono entrati completamente nell’era digitale; gli scontri fra FIEG e Fininvest per il controllo degli investimenti pubblicitari sono scemati di fronte all’incombere di nuovi protagonisti, Google in primis.

Certo le versioni online dei quotidiani cartacei svettano nelle classifiche dei siti più frequentati e probabilmente diventeranno un importante veicolo di raccolta pubblicitaria, oltre che di influenza: RCS ha reclutato il proprio AD Pietro Scott Jovane da Microsoft proprio per affrontare la sfida digitale.

Consentire l’integrazione fra Mediaset, Mondadori e RCS potrebbe essere una lungimirante scelta strategica del governo Letta, per creare una campione nazionale in grado di meglio competere sul mercato dei media.

Ma meglio sarebbe dichiarare apertamente le ragioni di tale scelta; lasciar cadere la storica barriera fra tv e quotidiani senza esplicitare e senza dibattere pubblicamente il tema, potrebbe indurre qualche commentatore malpensante ad insinuare che Letta jr sia vittima della sindrome dello zio, che per interposto viceministro continua silenziosamente a condizionare il settore delle Comunicazioni. Un capolavoro che potrebbe definire una nuova categoria politica, la “rendita d’opposizione”

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