Il grande prestito di Sarkò per Internet superveloce

Dei 35 mld previsti dal piano di rilancio dell’economia il presidente francese ne ha destinati 4,5 allo sviluppo delle connessioni veloci

Pubblicato il 15 Dic 2009

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E’ stato lo stesso presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy a
presentare ieri il progetto del governo francese, del valore
complessivo di 35 miliardi di euro, che servirà a rilanciare
settori strategici dell’economia nazionale. Un “grande
prestito” che rappresenta “una scelta audace”, secondo le
dichiarazioni della maggioranza riportate dal Corriere della Sera,
perché “trasforma la crisi in un’opportunità per preparare il
futuro”. Come ha detto lo stesso Presidente, “solo
dall’investimento nasce il progresso tecnico, motore della
ripresa”.

Il “grande prestito”, nota il Corsera, “dovrebbe infatti
rappresentare il perno della politica economica dell’Eliseo nella
seconda parte del mandato presidenziale. I fondi saranno reperiti
in parte (22 miliardi) attraverso l’emissione di titoli pubblici,
che saranno collocati sui mercati finanziari. Gli altri 13 miliardi
dovrebbero arrivare dalla restituzione degli aiuti concessi alle
banche nel momento più drammatico della crisi finanziaria”.

Quanto alle aree di intervento, è l’istruzione a ricevere la
fetta più consistente dei fondi (11 miliardi di euro, perché, ha
detto Sarkozy, “vogliamo le migliori università del mondo”),
ma 4,5 miliardi saranno stanziati per lo sviluppo delle connessioni
Internet veloci. E poi ancora sarannno beneficiate le imprese
green, la ricerca, le pmi.

Tutti contenti, dunque? Non l’opposizione: “Quando si ha un
deficit di bilancio di 140 miliardi – ha osservato il socialista
Francois Holland – aggiungerne altri 35 significa indebitarsi
ulteriormente. I prestiti di oggi sono le imposte di domani”. In
più, affermano gli avversari di Sarkozy, col “grande prestito”
la Francia lancia un pessimo segnale all’Europa e al resto del
mondo: anche senza i 35 miliardi, il debito pubblico di Parigi
raggiungerà l’8,4% del Pil nel prossimo anno e il 9,1% nel 2013,
ben lontano dagli obiettivi Ue del 3% per quell’anno.

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