MERCATO AUDIOVIDEO

Digital transformation: non solo Netflix, la nuova Tv è già qui: servono più o meno regole?

Agcom al lavoro sulla cornice normativa 2016-2019 dell’audiovisivo. E chiama a raccolta esperti e operatori. Scenario super-movimentato in un settore che cambia a precipizio e che vede tutti contro tutti. Necessari meno lacci per i “vecchi” broadcaster o più limiti per i nuovi over the top?

Pubblicato il 10 Mag 2016

R.C.

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Contrordine signori: il vero spauracchio dei broadcaster è Amazon, non Netflix. Amazon che ha lanciato Streaming partner program un servizio che apre alle Tv tradizionali, che ha alle spalle la potenza di fuoco dei dati anche “fisici” dei propri clienti, che gestisce pagamenti in tutto il mondo. “Amazon sta tentando di posizionarsi al livello superiore di Netflix e così facendo potrebbe metterla all’angolo” ha detto l’analista Emilio Pucci (direttore di E-media Institute) disegnando uno scenario che si muove alla velocità della luce per il settore di video, film e serie Tv.

L’occasione è il workshop Agcom “Pay Tv, servizi on demand e evoluzione del sistema audiovisivo”, una chiamata a raccolta di osservatori (oltre a Pucci, Francesco Siliato di Studio Frasi) e operatori (Marco Chimenz nella doppia veste di presidente European Producers Club e vp Cattleya, Federico Di Chio senior vp Corporate Strategy and Marketing Mediaset, Davide Tesoro Tess executive vp Strategy & Business Development Sky Italia). Agcom schiera in campo oltre ai commissari Antonio Martusciello e Antonio Nicita anche il vicesegretario generale Antonio Perrucci.

L’obiettivo è il confronto (non il primo né l’ultimo) in vista del nuovo quadro regolatorio che l’authority è chiamata a definire per il settore. In che modo lo definirà? Come tener conto di un quadro che cambia precipitosamente, pone la domanda dal “pubblico” Augusto Preta (ITMedia Consulting)? I regolatori, italiani e europei, dispongono di strumenti efficaci a trovare norme in una guerra fra Tv – siano esse pay o free – e Over the top come Netflix e Amazon, in un paesaggio di tutti contro tutti, dove quel che conta veramente – ricorda Siliato – è la “disponibilità everywhere” dei contenuti? In questo senso la rilevazione a cui Agcom sta lavorando “sarà l’ultima che distingue free da pay” dice Nicita. Regole per una specie di “Tv ultimo atto”: che però sono necessarie proprio perché il settore è in piena “tempesta” e serve traghettarlo senza scosse. Certo occorrerà capire se servono nuove regolazioni o viceversa “deregolamentazione”, ma anche poter chiedere “al legislatore di reinterpretare o di espandere il potere regolatorio di Agcom”.

Compito spinoso in Europa dove la macchina regolamentare mostra tutta “la sua inerzia” – dice Martusciello – di fronte a “svolte epocali”. Se l’obiettivo è superare le asimmetrie di mercato la sfida consiste innanzi tutto nel ridefinire “il principio di responsabilità editoriale” di fronte ai nuovi player Usa. Ricalibrando il peso in un mercato dove la pubblicità è in caduta libera di contro all’ascesa fulminante del nuovo prodotto a maggior valore: i dati degli utenti. In questo scenario, dice Martusciello, dove il vantaggio appare tutto dalla parte degli over the top, il rischio è una penalizzazione dei broadcaster vincolati da regole stringenti. In questo senso serve un level playing field in grado di far giocare alla pari i vari operatori in campo.

Ma compito spinoso anche e soprattutto per l’Italia, paese di grandi anomalie, affollata come nessuno di emittenti tradizionali. Che mentre da un lato invoca una maggior snellezza della macchina regolatoria europea, dall’altro rischia spesso il cartellino giallo da parte della stessa Europa sui campi delle frequenze e concorrenziali. E’ tema cruciale di questo periodo il nodo della banda 700Mhz che l’Italia chiede di poter liberare almeno due anni dopo rispetto a quanto richiesto dall’Europa che invece accelera sui servizi in mobilità. Nel tentativo di preservare proprio quel tavolo da gioco che Amazon e Netflix stanno mandando all’aria.

“In realtà Netflix & Co. stanno prefigurando un fenomeno ancora al suo stadio iniziale – spiega Pucci -. Le nuove basi tecnologiche su cui si sviluppano i servizi trasformano la natura dei mercati: il mercato dello screen content avrà un impatto enorme sul consumo dei video, esattamente come lo ha esercitato sul web, sulle notizie, sulle musica”. Cosa sta cambiando esattamente? Netflix sta semplicemente sostituendosi al dvd o c’è dell’altro completamente nuovo, ancora non misurabile? I sintomi parlano di un vasto processo in atto: il ruolo cruciale della “ripubblicazione” dei contenuti nel settore “editoria”, lo spostamento di valore dall’editoria classica agli aggregatori di contenuti, la caduta del “muro” che separava Tv lineare da Tv non lineare. Elementi che contribuiscono a disegnare un mercato che vedrà sempre più l’affermazione di player globali. Il tutto all’interno di un mercato “che va ridefinito – dice Perrucci – al di là della definizione lineare-non lineare”.

Eppure la Tv free ha ancora frecce al suo arco, dice Di Chio, “a patto che le regole siano uguali per tutti”. Regole base, sulla gestione dei dati degli utenti, sulla privacy, la trasparenza, la tutela dei minori. Serve dunque che le attuali disparità “si possano risolvere in sede negoziale” se si dispone di forza contrattuale. Altrimenti servono regole.

E regole europee pro-realizzazione di contenuti chiedono i produttori che lamentano la strategia anti-geoblocking portata avanti dal Commissario Andrus Ansip, dice Chimenz, “che rischia di promuovere ostacoli contro l’industria dei contenuti”.

E anche se il free sembra emergere come trend positivo in atto c’è chi va attrezzato alla guerra. Poiché il consumo di contenuti avviene su ogni device “serve investire, come fa Sky, su contenuti, certo – dice Tesoro Tess – ma anche sugli altri pilastri della svolta: cioè sul brand, sulle tecnologie, sulle piattaforme”.

La digital disruption sta avanzando a passo di carica dunque, e proseguirà “tanto più l’utente sarà libero di muoversi da una piattaforma all’altra, da un contenuto all’altro”. E sì, la foto dell’istruttoria a cui lavora Agcom rischia di essere “mossa”. Sicuramente, chiude Nicita, “una fotografia più vicina alle attuali condizioni”. Anche perché la Tv generalista e le categoria free-pay continuano a dominare anche se in un mondo “in piena evoluzione”. Ma, appunto destinato a travolgere gli attuali parametri: “assai probabile che in un ciclo triennale muteranno i rapporti di sostituibilità e i modelli di business a seguito dei processi di convergenza da un lato e del prepotente ingresso degli over the top dall’altro”.

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