Perde colpi la supply chain dell’iPad

Ritardi nelle consegne e nella produzione. Un bottleneck che rischia di penalizzare le vendite

Pubblicato il 05 Lug 2010

Tutto secondo copione. Un clamore mediatico senza precedenti, ore
interminabili passate davanti ai negozi della Mela, siti web che
cedono sotto il peso di ordini e prenotazioni. E un record: tre
milioni di esemplari venduti in soli 80 giorni dal lancio negli
Usa.
Anche questo è il mondo iPad, la ‘next big thing’ di Apple
grazie alla quale l’azienda di Cupertino ha saputo dimostrare di
essere ancora una volta in grado di ridefinire i confini di design,
usabilità e marketing, trasformando un tablet in una sorta di
fenomeno sociologico. La gente lo ama – ha fatto sapere lo stesso
Steve Jobs in una nota – e lo ha fatto diventare
“parte della sua vita quotidiana”. Gli sviluppatori, intanto,
galoppano come non mai: 11mila applicazioni dedicate
all’interfaccia utente Mult-Touch, assieme alle 225mila già
disponibili su App Store. Tra queste c’è persino “Organizing
for America”, programmino scritto per conto dei Democratici
americani, che si pone l’ambizioso traguardo di mobilitare i
sostenitori in vista delle elezioni del prossimo autunno, quando
dalle urne usciranno i nuovi nomi del Congresso. Obama scommette di
nuovo sulle nuove tecnologie, quindi, come strumento di
appartenenza e di consenso. Proprio lui che deve alle reti sociali
buona parte dei successi raccolti durante la lunga marcia
dall’Illinois alla Casa Bianca.

Ma nei primi 80 giorni di iPad non c’è solo questo da
registrare. C’è il rapporto complesso con il mondo
dell’editoria elettronica, la concorrenza degli altri tablet. E
c’è una parola, rimbalzata per qualche mese negli ambienti degli
addetti ai lavori e poi accantonata: bottleneck. Quel collo di
bottiglia che, di fatto, ha reso iPad un bene più scarso del
previsto. Niente di trascendentale, però nel complesso sistema di
produzione, distribuzione e vendita i blackout non sono mancati, e
in qualche modo rischiano di condizionare i mesi a venire.
Le cause? Molte le ipotesi, diverse le smentite, poche le certezze.
I primi dubbi alla vigilia del lancio: iPad arriverà in ritardo in
Europa – sosteneva l’agenzia di ricerche iSuppli – perché è
scarsa la fornitura di schermi. E qui la prima smentita di
Apple.
Intanto ritardi e malumori sono continuati. Poi, un mese fa, mentre
Cupertino annunciava un prossimo raddoppio della produzione (2,5
milioni di unità al mese a partire da settembre, contro il milione
attuale), a finire nel mirino è stata la catena di distribuzione.
“La maggior parte dei problemi è risolta – spiega Vija
Rakesh
, analista di Sterne Agee – anche se la poca
disponibilità di memoria continua a essere un impedimento.” Da
qui, la previsione di Rakesh: stando agli ordini di memoria flash,
è probabile un rilancio nella produzione pari a 6-7 milioni di
pezzi nel terzo quadrimestre dell’anno.

Interpellata a riguardo, Apple ha in questi giorni rilanciato la
versione che va ripetendo da un po’: “Il livello di produzione
è costante – sottolinea -. La causa dei ritardi, semmai, è la
domanda di mercato molto alta.” A paventare uno scenario diverso
ci ha pensato la stessa Morgan Stanley, che a più riprese ha
parlato di problemi con i fornitori, confidando peraltro nella
capacità di Cupertino di trasformare un potenziale autogol in un
driver per alimentare l’interesse dei potenziali acquirenti.
Chiusa questa prima fase, e con il mondo intero impegnato a parlare
del neonato iPhone 4, l’attenzione si concentra sui mesi a
venire. Negli States si è già ipotizzata una seconda ondata di
iPad in concomitanza con la riapertura dei college, a partire da
quella della George Fox University che sta già distribuendo
portatili e tablet della Mela ai suoi studenti. Una decisione che,
se adottata anche da altre università, potrebbe di nuovo mettere
in crisi la supply chain di iPad. Difficile, infatti, chiedere ai
partner cinesi di accelerare la produzione in un momento così
delicato. La stessa Apple, pochi mesi fa, ha già avuto problemi di
scarsità a causa di un collo di bottiglia nella produzione dei
dispositivi da parte del fornitore Hon Hai Precision. Per non dire
della tristemente famosa Foxconn, ribattezzata dalla stampa inglese
suicide factory: “Non è un posto dove si lavora come dannati”,
ha però replicato Steve Jobs. “Per essere una fabbrica è molto
carina.” Gli ispettori mandati da Apple confermano il parere,
tuttavia è difficile che si possa chiedere a Foxconn di aumentare
la produzione.

Intanto, mentre attorno a iPad si sta costruendo tutto un
ecosistema fatto di nuove applicazioni e gadget (i blog dedicati
alla Mela quasi non parlano d’altro), conviene dare un’occhiata
a quanto accade nel nostro paese. “La situazione pare sbloccata,
e gli iPad ricominciano ad arrivare – assicura uno dei principali
distributori della Mela per l’Italia. – Non si parla di
quantitativi enormi, ma qualcosa c’è.” E conclude:
“Comunque, in questi mesi l’azienda ci ha sempre detto che iPad
non è il prodotto di punta. Fatto il primo test, ora l’obiettivo
è spingere le vendite degli altri prodotti Apple”.

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