L'EDITORIALE

Per la PA italiana non basta un Bondi

Quello che ora è costo, spesso improduttivo, può diventare efficienza e volàno della crescita. È questa la vera scommessa, anche in tempi di crisi. È però necessario intervenire con massicce dosi di tecnologia e processi digitali, trovando le risorse necessarie. È una scelta di priorità politica

Pubblicato il 09 Mag 2012

Gildo Campesato

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Al convegno inaugurale di ForumPA parteciperà Mario Monti. Ci pare una presenza significativa perché testimonia la consapevolezza “politica” che la PA non è settore da lasciare ai ministri competenti o ai “tecnici”. Al contrario, la trasformazione della macchina pubblica italiana deve essere impegno unitario e coerente dell’insieme del governo.

La PA intermedia almeno la metà del prodotto interno lordo e i suoi sprechi sono leggendari, a dispetto dei casi di efficienza (ancora troppo pochi) che la macchina di Stato, Regioni e Comuni sa pure mostrare. Non vi è dubbio che la PA sarà un terreno fertile di intervento per il neo-commissario per la spesa Enrico Bondi. Anche se egli dovrà lavorare più sugli acquisti che sulla gestione: gran parte dei costi è per il personale e, essendo impossibile licenziare, i tempi del turn over dei dipendenti non sono certo compatibili con gli obblighi di risanamento dei conti pubblici.

Ma la PA non ha bisogno solo di un Bondi. Quello che ora è costo, spesso improduttivo, può diventare efficienza e volàno della crescita. È questa la vera scommessa, anche in tempi di crisi. È però necessario intervenire con massicce dosi di tecnologia e processi digitali, trovando le risorse necessarie. È una scelta di priorità politica. Non si tratta di meri costi, ma di investimenti dall’effetto volàno. Data anche la struttura delle imprese italiane, la PA è strumento fondamentale per accelerare la digitalizzazione del Paese e rispondere agli obiettivi dell’Agenda Digitale europea.

Ma è indispensabile intervenire sui processi delle singole amministrazioni, centrali o decentrate che siano. Non esservi riusciti è stato il limite principale dell’esperienza Brunetta. Ora si parla molto di cabina di regia e di riorganizzazione di competenze fra gli strumenti pubblici deputati all’innovazione digitale. Sono già emersi problemi di coordinamento politico mentre l’ipotizzato accentramento delle strutture rischia di vanificare importanti esperienze e competenze. Ma il vero nodo, ripetiamo, è la capacità di diffondere l’innovazione digitale in tutta la macchina. Non servono diktat calati dall’alto. Servono motivazioni, incentivi, premi, sanzioni lungo tutta la catena della pubblica amministrazione.

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