LA "NUOVA" AUTHORITY

Privacy: eletti Bianchi Clerici, Iannini, Soro e Califano

Nessuna sorpresa a Camera e Senato per l’elezione dei nuovi componenti dell’autorità

Pubblicato il 06 Giu 2012

P.A.

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Nessuna sorpresa alla Camera e al Senato nell’elezione dei nuovi componenti del Garante per la privacy. A Montecitorio sono risultati eletti Antonello Soro, su indicazione del gruppo Pd con 167 voti e la leghista Giovanna Bianchi Clerici, con 179 voti.

Confermato l’accordo siglato tra i partiti anche a Palazzo Madama che ha eletto Augusta Iannini, magistrato e moglie di Bruno Vespa in quota Pdl, e l’accedemica Licia Califano in quota Pd quali membri dell’Autorità per la Privacy.

Montecitorio ha inoltre indicato Giuseppe Lauricella al Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Lauricella, che ha avuto 322 voti, prende il posto di Sergio Mattarella, andato alla Consulta.

Durissime le critiche dei rappresentanti di Italia dei valori e Radicali contro quella che giudicano una “spartizione” tra i partiti in netta violazione del principio della trasparenza. “C’è l’idea che i contrallati debbano nominare i controllori; è una cosa che non avviene in nessun stato di diritto. Noi dell’Idv, per questo, non parteciperemo alle votazioni”, ha detto Antonio Di Pietro durante una conferenza stampa convocata alla Camera al quale hanno partecipato anche l’ex ministro della Difesa Artuto Parisi del Pd, Marco Beltrandi dei Radicali e Giuseppe Giulietti, portavoce di ‘Articolo 21. Liberi di…’. “E’ stata una presa in giro -ha proseguito Di Pietro- si sono fatti inviare i curricula, ma poi gli hanno usati come carta da cesso e sceglieranno una procedura di nomina che fa fede alla logica della lottizzazzione. L’accondiscendenza del Pd legittima il Pdl. E’ una logica scellerata che non approviamo. Presenteremo con l’associazione ‘open media coalition’ ricorso al Tar per fare annullare le nomine”.

Alle parole del leader dell’Idv sono seguite quelle del governatore della Puglia Nichi Vendola per il quale “questa è la fine di un romanzo che racconta una storia politica ormai al termine. Quel che è accaduto ieri apre scenari problematici per una eventuale coalizione”. “Ancora oggi -spiega il leader di Sel – si dimostra l’incapacità di affrancarsi dai potentati e dalle lobby economiche. Quello che è avvenuto ieri non e’ una ferita, ma una rottura con una logica democratica”.

Alla votazione non hanno partecipato neanche i radicali perché contrari alla ”solita spartizione partitocratica”. ”Da anni, e anche recentemente in vista delle votazioni di oggi, i Radicali -scrivono in una nota comune Rita Bernardini, Emma Bonino, Maria Antonietta Farina Coscioni, Donatella Poretti, Elisabetta Zamparutti, Marco Beltrandi, Matteo Mecacci, Marco Perduca, Maurizio Turco- propongono che per ogni carica elettiva parlamentare l’apertura del seggio elettorale sia preceduta da una approfondita e pubblica attività istruttoria svolta nelle Commissioni competenti. Procedura che preveda quindi una fase di presentazione pubblica delle candidature, dei curricula dei candidati, e una successiva di audizione delle candidature”.

Ma la polemica è stata vivace anche da fuori il Parlamento. Le associazioni di Agorà Digitale, Avaaz e VogliamoTrasparenz.it hanno strappato decine di fogli in un ‘flash mob’ a cui hanno preso parte anche Di Pietro, Belisario (IDV), Beltrandi (Radicali), Giulietti (Misto) ed altri. “I curricula depositati in questi giorni in Parlamento sono stati comunicati ai parlamentari a decisione avvenuta, rendendoli di fatto -si legge in una nota- carta straccia. Sono stati inoltre strappati i fogli contenenti le oltre 47.000 firme che nei giorni scorsi erano state raccolte da Avaaz, che con 14 milioni di membri è la più grande organizzazione mondiale per l’attivismo in Rete. Decine di migliaia dei firmatari avevano anche espresso le loro preferenze sui futuri membri delle autorità, visionando, a differenza da quanto pare abbiano fatto i parlamentari, i diversi curricula”.

Ora le associazioni, assieme ai parlamentari che oggi si sono astenuti sono determinate a fare appello al Presidente della Repubblica affinché non firmi il decreto di nomina che condannerebbe l’Italia a 7 anni molto difficili per l’Informazione e la libertà in Rete.

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