PUNTO DI VISTA

Cinquanta sfumature di Agenda (digitale)

Per migliorare il piano digitale serve ascoltare l’utenza, recepire le buon pratiche e analizzare le critiche

Pubblicato il 13 Ott 2012

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Finalmente, il 4 ottobre si è avviato l’iter del Digitalia, ribattezzato ora “Crescita 2.0”: ora quindi si comincia. Eh si perché non si tratta di un punto di arrivo bensì di partenza: per l’agenda digitale sia avvia innanzitutto per il suo iter di conversione in legge (entro sessanta giorni), con sicura fusione dei contenuti con l’agenda digitale parlamentare (il disegno di legge Palmieri-Gentiloni-Rao) e con sicure “injection” parlamentari derivanti dai sicuri commenti e suggerimenti che arriveranno dal mondo dell’impresa e dalla società civile.


Va fatto presente che il testo del decreto non è altro che una raccolta di proposte normative regolamentari per consentire l’avvio delle attività previste nelle cosiddette “schede progetto” dell’agenda digitale, per le quali è necessaria una copertura finanziaria considerevole e che non sempre è possibile coprire con fondi europei. In ballo ora ci sono molte cose.
C’è innanzitutto la necessità di fare cultura digitale, di far comprendere ad ogni livello (dalla casalinga di Voghera, all’imprenditore, al dipendente sia pubblico che privato) come l’informatizzazione ed in particolare l’uso delle tecnologie della comunicazione possano migliorare la qualità dei servizi e la produttività.

C’è anche la necessità di rilanciare l’attività imprenditoriale – a mio avviso – non limitandosi al mero concetto di startup ma a garantire alle aziende, nuove ed esistenti, di essere delle “stay-up”, ossia aziende in grado di stare in piedi e di porsi sul mercato in modo competitivo. Vi è inoltre la necessità di digitalizzare le comunicazioni ed i servizi, sia nelle PA che in ambito aziendale, realizzando sistemi di connettività veloce ma soprattutto la vera interoperabilità tra banche dati, arrivando all’autenticazione unica dell’utente/azienda.
In ambito cittadino, è necessario innovare la vivibilità urbana, pensando a città intelligenti con beneficio delle nuove tecnologie per tutti i cittadini, indipendentemente dalla disabilità. Bisogna infine ripensare la formazione, ispirandosi a modelli europei di formazione e certificazione delle professionalità e ripensando altresì le modalità formative: non basta convertire in Pdf un libro di testo, è necessario che il materiale formativo sia reso disponibile per essere fruibile con le tecnologie informatiche di tutti i giorni (netbook, tablet, Pc).

E l’Agenzia per l’Italia digitale? Che fine farà? Innanzitutto ora bisognerà attendere la selezione del direttore, il cui compito sarà ardito: dovrà innanzitutto curare la fusione di realtà esistenti come DigitPA e Agenzia per l’ Innovazione, far ripartire le attività di queste realtà nonché tutte le nuove attività previste dallo statuto che ancora oggi non c’è, e che probabilmente ci sarà al termine della conversione del Digitalia in legge, vale a dire per i primi di dicembre, in piena discussione della manovra finanziaria.

Ma, sfortuna vuole, nell’avviso sono presenti due gravi errori. Il primo sta nell’indirizzo e-mail a cui inviare la comunicazione “Coloro che intendono candidarsi ai fini dell’attribuzione dell’incarico sono tenuti ad inviare al seguente indirizzo di posta elettronica certificata: agenziaitaliadigital@pec.governo.it” – manca la “e” nella parola digitale – il secondo sta nel riferimento alla delega governativa “conferita al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con il Dpcm 13 dicembre 2012”, ossia tre mesi dopo l’emissione del bando, quest’ultima prontamente corretta “a penna” con un bel “leggasi 2011”.

A posteriori, dopo aver vissuto molte fasi della genesi delle “agende digitali” sia governative che parlamentari a volte in modo diretto, a volte in modo indiretto, mi vedo di dare un umile consiglio a chi dovrà decidere il futuro dell’innovazione digitale nel nostro paese: bisogna ascoltare l’utenza, recepire le buone pratiche e clonarle ove possibile, recepire e analizzare le critiche da chiunque provengano perché il bello del mondo digitale è che i critici, a differenza degli altri settori quali quelli dello spettacolo, spesso vengono bollati come rompiscatole.

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