CRESCITA 2.0

Rete Imprese Italia: “Agenda digitale, spingere sulle microimprese”

L’associazione valuta positivamente il decreto, ma avverte: “Bisogna favorire la diffusione delle tecnologie tra le piccole aziende per rilanciare l’innovazione in tutto il Paese”

Pubblicato il 07 Nov 2012

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“I contenuti del decreto Crescita 2.0 possono avere un impatto estremamente positivo per la digitalizzazione del nostro Paese, ma è necessario apportare alcune correzioni indispensabili per rendere i princìpi maggiormente fruibili da parte delle aziende, favorendo le reti di imprese come strumento equiparato agli altri istituti societari: ad esempio in tema di start-up innovative o di sviluppo dei grandi progetti di ricerca e di innovazione”.” Lo hanno detto i rappresentanti di Rete Imprese Italia in audizione davanti alla commissione Industria del Senato.

Rete Imprese Italia ha sottolineato come i passaggi chiave per lo sviluppo del tessuto produttivo può essere garantito attraverso la diffusione delle tecnologie digitali specialmente nelle microimprese. Per l’associazione “lo scenario di riferimento è quello della coda lunga di Chris Anderson, il quale evidenzia le enormi possibilità di conquista dei mercati che hanno proprio le microimprese grazie alla loro flessibilità, competenza professionale e capacità di conquistare i territori economici del pianeta per via delle tecnologie digitali”.

“Le micro e piccole imprese da sempre sviluppano l’innovazione in una dimensione di assoluta coesione tra tradizione e tecnologia e, pertanto, sono interessate a tutti i punti salienti del decreto sviluppo – ha ricordato l’associazione – agenda e identità digitale, amministrazione digitale, open data, istruzione digitale, sanità digitale, moneta elettronica, grandi progetti di ricerca e innovazione, comunità intelligenti, start-up innovative e reti di imprese”.

“Grazie alla digitalizzazione delle piccole imprese – ha concluso Rete imprese Italia – potrà essere possibile favorire lo sviluppo di tutte quelle forme di innovazione in grado di mantenere la capacità competitiva del prodotto italiano sul fronte della differenziazione o della focalizzazione qualitativa e non sulla concorrenza sul prezzo”.

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