AGENZIA ITALIA DIGITALE

Agostino Ragosa, una nomina “vittima” della burocrazia

Il contratto del nuovo dg fermo alla Corte dei Conti. Dall’ex DigitPA assicurano: “Nessun blocco, solo iter troppo lento”. Ma c’è preoccupazione per l’avvio dei progetti dell’Agenda digitale

Pubblicato il 22 Nov 2012

Federica Meta

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Che fine ha fatto la nomina di Agostino Ragosa a direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale? Se lo chiedono in molti visto che il suo contratto è fermo alla Corte dei Conti per la registrazione dalla scorsa settimana. Dall’Agenzia digitale fanno sapere al Corriere delle Comunicazioni che “non si tratta affatto di un blocco ma di semplici iter amministrativi che, nel caso della Corte dei Conti, possono durare anche un mese”. E considerato che i documenti “sono stati depositati solo la scorsa settimana, siamo ampiamente nei tempi previsti”.

Ma anche se si escludono motivi di tipo politico, si tratta “certamente di tempi troppo lunghi – dicono dall’Agenzia digitale – che impattano negativamente sul nostro lavoro. Non crediamo che dietro lo stallo ci siano questioni economiche per due motivi: sia perché per legge la retribuzione del dg non può superare quella di un capo dipartimento sia perché gli stipendi della PA sono contingentati”.

I tecnici dell’ex DigitPA sono però preoccupati della messa in opera di alcuni progetti chiave dell’Agenda digitale – a cominciare da quello sugli open data – che devono prima essere visionati dal nuovo direttore. “Dato che ha impiegato sei mesi per nominare i vertici dell’Agenzia – sottolineano da Viale Marx – ora ci auguriamo che il governo possa in qualche modo rimediare, magari sollecitando la Corte dei Conti a registrare al più presto il contratto e mettere l’ente nella condizione di diventare realmente operativo”.

E di certo la nomina del dg è stata una nomina sofferta, prima per mancanza di accordo tra i ministri competenti sul nome poi per il documento stesso di nomina che è dovuto passare sul tavolo di ben 4 ministri e altrettanti capi di gabinetto per la firma e ora per l’”affaire” Corte dei Conti.

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