LOMBARDIA INFORMATICA

Catanzaro : “In house preziose per l’Agenda digitale”

Il consigliere delegato di Lombardia Informatica interviene nel dibattito sulla razionalizzazione delle aziende regionali: “Nostro ruolo essenziale per la PA e per il mercato dei privati, dove veicoliamo l’80% del nostro fatturato”

Pubblicato il 26 Nov 2012

Federica Meta

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C’è un nodo ancora da sciogliere in tema di Agenda Digitale. E riguarda, in particolar modo, il ruolo che le società in house possono svolgere nell’attuazione del piano telematico anche in vista dell’attuazione della spending review che prevede la razionalizzazione e, in casi estremi, la chiusura delle aziende Ict pubbliche. Chiusura che non convince le Regioni che considerano queste società il fiore all’occhiello della tecnologia locale, pur riconoscendo la necessità di una revisione del loro funzionamento.
È il caso della Regione Lombardia che, insieme a Lombardia Informatica, ha approntato un documento da presentare al governo in cui si spiega perché la società in house deve rimanere in vita. A parlarne con il Corriere delle Comunicazioni, Giovanni Catanzaro, consigliere delegato di Lombardia Informatica.
Qual è il punto focale del documento che presenterete al governo?
Lombardia Informatica non rientra nella fattispecie dell’articolo 4 comma 1 delle legge 135/2012 (la spending review ndr) che stabilisce la chiusura delle house. Il perché è presto detto. La società eroga numerosi servizi di interesse generale a favore dei cittadini e degli enti locali in ambito e-Health ed e-Gov oltre a gestire banche dati strategiche pubbliche come, ad esempio, quelle sanitarie che servono anche per la strutturazione del fascicolo sanitario elettronico, uno degli asset dell’Agenda. Si tratta di condizioni che, come stabilito dal comma 3 dello stesso articolo 4, fanno decadere l’obbligo di scioglimento o di vendita.
La spending review fa riferimento anche a gare di evidenza pubblica per l’approvvigionamento tecnologico della PA. A che punto è Lombardia Informatica?
Siamo avanti rispetto alle richieste della spending review. Oltre l’ 80% del fatturato della società viene immesso sul mercato tramite gare di evidenza pubblica che consentono, da un lato, alla Regione di ottenere tariffe basse a parità di qualità della fornitura e, dall’altro, di coinvolgere i privati nella realizzazione di servizi. Inoltre abbiamo avviato cessioni di ramo d’azienda che non rappresentavano il nostro core business.
Per esempio?
Per esempio la cessione delle attività di contact center che impiegano circa 600 persone e la cessione, in corso, della gestione dei Data Center. Questo perché ci proponiamo di ridurre le attività operative e concentrarci sulle attività ad alto valore aggiunto, come l’elaborazione delle specifiche tecniche e il project management, ovvero tutte quelle azioni che vanno a qualificare la gestione della domanda. Crediamo che sia questa la strada da intraprendere per attuare una spending review che abbia realmente l’ambizione di tagliare gli sprechi e di rendere più efficiente l’amministrazione pubblica.
La spending review dà una sforbiciata alle in house perché costano troppo. È così?
La risposta alla sua domanda la danno i numeri. Per quanto riguarda i costi di gestione – come si può verificare dallo studio realizzato tra il 2010 e il 2011 dall’ Università La Sapienza di Roma per Assinter – il costo medio del personale nella grande maggioranza dei casi oscilla tra i 45 e 50mila euro annui per unità lavorativa, in linea con il mercato. Per cui la questione dei costi alti non sussiste. Nello specifico di Lombardia Informatica, ricordo che la società vanta un bilancio in attivo da oltre quindici anni con ricavi per 190 milioni di euro e un patrimonio netto di 120 milioni. Inoltre l’incidenza dei costi generali sui ricavi della società è continuata a scendere negli ultimi dieci anni raggiungendo il 6,7% nel 2011.

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