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e-Commerce “oltre” la vendita

Alessandro Perego (Polimi): “Il commercio elettronico è un modo di fare business che cambia il funzionamento di PA e imprese con ricadute virtuose sull’intero sistema”. Ma servono strategie di sostegno adeguate

Pubblicato il 21 Gen 2013

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Affrontare il mercato senza gli strumenti adatti è come fare la guerra con la spada a un nemico che usa le armi automatiche. Oltre a una Pubblica amministrazione più efficiente e meno burocratizzata, le imprese italiane hanno bisogno di aprirsi maggiormente all’innovazione. La piccola dimensione, croce e delizia del nostro sistema produttivo, che vanta successi internazionali, è ancora troppo prodotto-centrica, focalizzata su ideazione e ingegnerizzazione, ma poco attenta a modernizzare i processi gestionali e a utilizzare strumenti largamente diffusi all’estero. Né è prova concreta l’eCommerce, che in Italia raggiunge appena il 6% del fatturato complessivamente realizzato sui mercati consumer, business e government. Nel solo B2c, la Francia vale il doppio dell’Italia, la Germania circa quattro volte e il Regno Unito sei volte. Il canale online consente a un’impresa di estendere geograficamente il mercato potenziale, di dilatare la presenza sul cliente 24 ore al giorno e 7 giorni su 7 con positive ricadute sul fatturato e sulla visibilità. Ma non è finita: eCommerce significa anche informazioni sul prodotto e sul sistema azienda, con un’efficace integrazione con ciò che avviene, eventualmente, sui punti vendita, senza contare l’importanza della profilazione del cliente, difficile da gestire nei negozi fisici da parte del personale. Si capisce, quindi, che chi utilizza l’eCommerce dispone di elementi di competitività in più, perché ha più frecce da scoccare, perché ha più informazioni, perché ha più mercato.


“Sarebbe limitativo e fuorviante – dichiara Alessandro Perego, ordinario al Politecnico di Milano – ridurre l’eCommerce al solo atto di vendita via Web. È una modalità di fare business, che esprime tutta la sua potenza, se inserito in un contesto di digitalizzazione di un processo gestionale, che inizia con la selezione dei fornitori, prosegue con l’emissione degli ordini e termina con la fatturazione e il pagamento. Questo è un circolo virtuoso che fa guadagnare efficienza. E l’efficienza si traduce in riduzione dei costi, mantenimento dei margini, maggiore flessibilità e tempestività. Elementi fondamentali da giocare sul tavolo della competitività”. Qualche esempio può chiarire il concetto. Nella sola PA digitalizzare l’intero processo di acquisto non limitando, l’intervento alla fase negoziale, può generare risparmi di quasi 100 milioni di ore-persona, pari a circa 2 miliardi di euro all’anno.


Senza contare i riflessi positivi sulla possibilità di ridurre drasticamente i tempi di pagamento verso i fornitori, altro tema dolente della nostra PA, che non sostiene ma affossa le imprese. Nel business-to-business, invece, parliamo di circa 60 miliardi di euro risparmiabili ogni anno, applicando modelli di eCommerce all’intero ciclo ordine-pagamento. L’automazione dei processi riduce l’incidenza delle attività manuali, i costi gestionali e delle non conformità. Queste ultime arrivano a incidere fino al 50% dei risparmi, tanto più è profonda la copertura, tramite eCommerce, del ciclo commerciale.
“Fare eCommerce – prosegue Perego – significa cambiare il modo in cui un’organizzazione funziona. Aggiungo, che è ancora più urgente pensare di diffondere questo strumento sul mercato interno, piuttosto che pensarlo solo come volano per l’internazionalizzazione. Oggi l’export gestito via Web vale circa 2 miliardi, poca cosa. Invece, in un periodo di crisi e recessione, come l’attuale, i canali digitali (B2b, B2c e B2g) possono generare benefici più importanti sul mercato nazionale. Riducono, infatti, i costi “transazionali”, aumentano la produttività del lavoro, contribuiscono a ridurre i prezzi e sostengono i consumi. È importante che vi sia questa consapevolezza nelle imprese e nelle istituzioni ”.


Il tessuto imprenditoriale italiano, fatto di micro-imprese e di Pmi, non ha bisogno di piccoli incentivi per aprire il “negozio online”, ma di supporti, anche fiscali e finanziari, per sviluppare modelli di digitalizzazione dei processi commerciali. Ha bisogno di strategie di marketing digitale, di criteri per individuare operatori e servizi internet adeguati, di progetti di collaborazione con i provider, con le associazioni di categoria, tramite convenzioni, contratti quadro, agevolazioni, che spingano alla gestione digitale dei mercati.

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