IL MANIFESTO

Anitec: vademecum al governo per l’Agenda digitale

Più e-gov e banda larga fra le azioni chiave elencate nel manifesto delle 10 priorità presentato dall’associazione. Il presidente Radaelli: “Italia in ritardo nell’adozione di un progetto ampio”

Pubblicato il 14 Feb 2013

Federica Meta

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Digitalizzare la PA e puntare sull’e-government, diffondere in maniera capillare la banda larga e larghissima, supportare ricerca e sviluppo nell’Ict, promuovere l’e-learning e rafforzare la sicurezza informatica. E non solo. Sviluppare la sanità digitale, applicare le tecnologie dell’Ict alla gestione del territorio, all’efficienza energetica, ai trasporti e alla logistica, sviluppare l’e-commerce e cooperare con il mercato digitale europeo. Sono queste le 10 azioni che l’Anitec sottopone ai candidati al prossimo governo italiano per approdare ad un piano concreto per l’Agenda digitale italiana. Il manifesto di Anitec è stato presentato oggi nel corso del convegno “Agenda Digitale: la via maestra per avvicinare cittadini, politica e istituzioni”, nella sede di Assolombarda, a Milano.

In vista della prossima tornata elettorale, che interesserà tutta l’Italia e tre Regioni quali Lazio, Lombardia e Molise, Anitec, “vuole dunque proporre una propria riflessione circa le sfide che attendono il Paese, facendo eco a quanto indicato opportunamente nei giorni scorsi dal Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi” dice l’associazione degli industriali dell’Ict.

“Un aspetto fondamentale su cui lavorare – sottolinea Anitec riguarda l’innovazione della Pubblica amministrazione e la riconsiderazione del rapporto fra cittadini e organi di rappresentanza. In questo, l’attuazione dell’Agenda Digitale gioca un ruolo fondamentale. Da qui nasce una riflessione che si sintetizza in alcune proposte, che suggeriscano alle forze politiche un impegno preciso di attenzione e cambiamento per lo sviluppo dell’Italia verso un’economia competitiva e allineata con le nazioni più avanzate”.

“Il 2012 si è chiuso confermandosi un anno ancora particolarmente difficile per l’economia del nostro Paese – ha sottolineato il presidente di Anitec Cristiano Radaelli – E sebbene questo scenario non abbia risparmiato le imprese dell’Ict, vi sono evidenze ormai riconosciute che proprio in questo settore risiedono le risorse sulle quali fondare una strategia nazionale in grado di colmare il gap di competitività che affligge il nostro sistema Paese, rilanciare l’economia e avviare il percorso di uscita dalla crisi”.
“La correlazione tra intensità tecnologica di imprese, famiglie e amministrazioni e gli indici di produttivita’ di una comunità rappresenta il punto di partenza che ha dato il via alla definizione dell’Agenda Digitale europea – ha ricordato Radaelli – Nel nostro Paese purtroppo tarda ancora l’adozione di un progetto di ampio respiro caratterizzato da tempistiche certe, che sulla scia delle iniziative gia’ intraprese in diversi Paesi europei, consenta all’Italia di recuperare le posizioni perse negli ultimi anni sfruttando appieno le straordinarie potenzialita’ offerte dalle tecnologie digitali”.

“La promozione dello sviluppo del settore Ict come generatore di crescita, valore, competitività e sostenibilità è quindi un impegno fondamentale per tutti i soggetti che compongono questa filiera”, ha concluso il presidente di Anitec.

“Per il futuro dell’Italia, il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale europea, fissati al 2015 e 2020, va considerato con la stessa rilevanza politica e strategica che viene attribuito al rispetto degli impegni del Fiscal Compact”, ha invece rimarcato Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale.

“Solo affiancando alle misure per il risanamento dei conti pubblici un deciso, organico e razionale processo di digitalizzazione del Paese – ha continuato Parisi- è possibile realizzare una manovra di politica economica capace di produrre cambiamenti strutturali e invertire i trend negativi in atto”. “Per ridurre drasticamente la spesa pubblica, dare efficienza all’azione della PA e aprire l’economia a nuove opportunita’ di crescita e aumento dell’occupazione -ha proseguito – occorrerà da parte del nuovo Esecutivo un forte commitment politico che centri sulla Presidenza del Consiglio la responsabilita’ per l’attuazione dell’Agenda digitale“.

“Ciò sarà necessario – ha detto ancora Parisi – anche per superare le resistenze degli apparati burocratici, oggi cosi’ mal visti dall’opinione pubblica. La Pubblica amministrazione solo diventando piu’ efficace ed efficiente verra’ meglio accettata dai cittadini. La riorganizzazione e digitalizzazione della PA, infatti, è un grande progetto di cambiamento che non puo’ essere raggiunto attraverso operazioni periferiche e sporadiche e non può essere attuato senza investire”. “Occorre, al contrario, – ha concluso il presidente di Confindustria digitale– un impegno manageriale da parte delle istituzioni ed enti coinvolti che possa attingere da un fondo che potra’ essere finanziato dai risparmi ottenuti grazie allo switch off digitale”.

All’evento milanese è stata presentato anche il rapporto “Il mercato Ict in Italia: tendenze e prospettive” di Idc, secondo cui nel 2012 è calato del 3% il mercato italiano dell’Ict. Con un valore complessivo di quasi 59 miliardi di euro nel 2012, il mercato italiano dell’Ict è il quarto in Europa, con una contribuzione, rileva il rapporto, di circa il 10% sulla spesa del settore nel vecchio continente (perimetro Ue 25). Incertezza economica-finanziaria e volatilità dei mercati hanno caratterizzato tutto l’anno passato e, secondo i dati a preconsuntivo 2012, l’anno appena trascorso si è chiuso con una flessione complessiva intorno al 3% sul 2011.

Stando al rapporto, nel 2013 l’evoluzione del mercato Ict sarà influenzata dal rallentamento dei progetti di investimento per infrastrutture e servizi Ict, dal ritardo e incertezza nell’attuazione del decreto sull’Agenda Digitale, dalla diminuzione degli investimenti dei vendor Ict internazionali sull’Italia, a causa di una percezione negativa dell’ambiente economico.

“Nel 2013 – sottolineano gli analisti di Idc– si presenteranno tuttavia in maniera ancora piu’ marcata esigenze di innovazione It e di processo da parte delle organizzazioni che, seppur in un quadro critico, non rinunceranno a investire in soluzioni e servizi Ict a supporto delle priorità di business”.

Da un’analisi comparata delle performance delle aziende “digital intensive” si stima che la web economy potrebbe contribuire alla crescita annua del Paese con un ulteriore 0,25% annuo rispetto ai trend attuali. Le potenzialità dell’economia digitale in Italia sono stimate a circa 25 miliardi di euro di Pil aggiuntivo entro il 2015, anche se la crescita del Prodotto interno lordo in generale è stata riveduta verso il basso da tutti gli osservatori statistici nazionali negli ultimi mesi.

Stando ai dati Digital Advisory Group 2011 elaborati da Idc, negli ultimi 15 anni l’economia digitale ha creato 700.000 posti di lavoro in Italia e ha contribuito al 2% del Pil, inferiore al contributo raggiunto in Francia, con più del 3%, e nel Regno Unito e in Svezia, con più del 5%. Tuttavia dal 1997 ad oggi il tasso di crescita della produttività in Italia ed in Europa, sottolineano gli analisti di Idc, ha registrato una sensibile contrazione, con una visibile differenza negativa rispetto alle altre economie avanzate, soprattutto Usa e Giappone.

Dal 2005 al 2009 l’economia digitale in Italia ha contribuito per il 14% alla crescita del Pil, sviluppandosi a un tasso molto più veloce del totale nazionale. Dal 2005 al 2009 l’economia digitale in Italia ha creato più occupazione di quanta ne abbia distrutta, con un contributo occupazionale netto di 320.000 unità, ovvero con la creazione di 1,8 posti di lavoro per ogni posto eliminato, rispetto a 2,6 della media di 13 paesi sviluppati o a 3,9 della Svezia. La differenza rispetto agli altri paesi è dovuta alla minore capacità di creare occupazione digitale da parte delle Pmi: in Italia il rapporto è 1 a 1, mentre in Francia è 1,8.

Cambia, infine, nel 2012 una fetta del mercato dell’Ict facendo registrare una trasformazione nel rapporto fra vendite di Pc e vendite di device mobili. Lo scorso anno, infatti, la spesa per gli smartphone e’ cresciuta del 36% rispetto al 2011, raggiungendo circa 300 miliardi di euro, mentre quella per i Pc e’ stata di circa 230 miliardi di euro. Si conferma così un trend già rilevato nel 2011 anno in cui le vendite di smartphone a livello globale, hanno superato quelle dei personal computer.

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