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PA digitale, ecco le proposte del Pd

Razionalizzazione del parco software e hardware e nuove assunzioni di professionalità i pilastri per costruire sistema informativo del XXI secolo

Pubblicato il 26 Lug 2013

F.Me.

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Lanciare un programma di spending review e di reingegnerizzazione dell’esercizio di software e hardware della PA. È la proposta elaborata dal Pd per rilanciare l’innovazione pubblica ed evitare di “informatizzare l’inefficienza”. Nel documento elaborato dal forum Riforma della PA presieduto da Sergio D’Antoni si ricorda infatti che il costo maggiore per la PA è relativo al mantenimento del parco hardware e alla gestione del software: mentre l’Italia particolare si trova nei paesi di fascia alta per dotazioni di server e personal computer per dipendente non è affatto tra i migliori per efficienza dei servizi, innovatività, efficacia.

“Spesso gli acquisti nella PA vengono diretti verso hardware di grandi sistemi poiché è più semplice utilizzare il budget o per arrivare a potenze elevate, tuttavia non sempre si tiene conto dell’aumento dei costi di esercizio – si legge nel testo – Mentre nel caso del software sarebbe spesso più economico svilupparne di nuovo piuttosto che continuare a modificarlo o manutenerlo dopo un numero congruo di anni di vita. Sia la gestione del software, sia quello del parco hardware mettono in condizione la PA di dipendere da alcuni fornitori creando una situazione di lock in che può rivelarsi ancora più costosa. Per questo è necessario avviare un piano di razionalizzazione.

Secondo il Pd si può pensare di dismettere delle risorse hardware sottoutilizzate sia attraverso la vendita a broker in grado di mettere il tutto sul mercato dell’usato, sia creando una “centrale di recupero nazionale” in modo da redistribuire il tutto a seconda delle necessità delle amministrazioni locali e nazionali evitando acquisti inappropriati. L’analisi dell’uso ottimale delle macchine andrebbe fatta attraverso “strumenti di analisi del carico che ogni server sopporta in modo da arrivare ad un rapporto ottimale tra costi e prestazioni”.

Per quanto riguarda il software si può, invece, avviare un programma di riscrittura di software che ha raggiunto un certo numero di anni di vita in modo da aggiungere nuove funzionalità, abbassarne i costi di gestione, utilizzare sistemi aperti con un alto livello di standardizzazione di linguaggi e tecnologie. Da questo punto di vista è necessario che vengano emanate direttive precise sulle architetture, linguaggi, tecniche di gestione dei progetti, valutazione di impatti, per tutta la PA per evitare che vi siano una eccessiva molteplicità di modi differenti di operare tra pubbliche amministrazioni.

In questo quadro è anche indispensabile che proceda il processo di razionalizzazione delle competenze informatiche nella PA, per esempio inquadrando le competenze informatiche in un solo contratto perché possano godere di una mobilità di competenze ed esperienze arrivando ad una condizione ottimale di distribuzione.

“Un programma di razionalizzazione dell’informatica della PA consente non solo di ottenere un miglior risparmio ma anche di avviare un piano di investimenti basato sulla domanda pubblica che possa dar fiato all’industria dei servizi Ict italiana – evidenzia il documento – Le aziende italiane non producono hardware mentre sono concentrate sulla produzione di software su commessa e sui servizi”.

Il piano di investimenti dovrebbe concentrarsi su nuove tecnologie, nuove tecniche di gestione progetto e nuove architetture, utilizzare le più innovative tecnologie anche in collaborazione con il mondo dell’università sia per offrire servizi avanzati ai cittadini e alle imprese, sia per spingere le imprese nazionali dell’Ict ad investire in formazione delle proprie risorse umane, acquisire nuove competenze, diventare più competitive sul fronte dell’innovazione rispetto alle imprese estere.

“Dal piano di investimenti dovrebbe scaturire un sistema informativo integrato del XXI secolo per l’e-government le cui competenze e i cui prodotti potrebbero essere rivenduti nei paesi del bacino del mediterraneo e nei paesi in via di sviluppo dove l’informatizzazione della PA sta crescendo notevolmente”.

Dal punto di vista dell’architettura deve essere promosso l’uso di software opensource, anche con l’impegno della PA a far crescere cataloghi di software comuni, centri per lo sviluppo di nuove applicazioni con la partecipazione di pubblico-privato-mondo dell’università.

In questo senso, tra le altre, sono necessarie misure che indirizzino la PA verso una nuova govenrance dell’informatica unificando funzioni e risorse tra diverse amministrazioni, togliendo la miriade di competenze anche in conflitto tra loro; l’assunzione di nuove persone con esperienza tecnologica, di disegno di architetture e di gestione di progetti e programmi. Avviare un programma di formazione per il personale già presente.

Serve poi creare una struttura dedicata al controllo dei progetti di tutta la PA che verifichi i costi e dei tempi chiudendo il meccanismo del “monitoraggio” istituito negli anni ’90 dall’Aipa, che – secondo il Pd – non si è rivelato non in grado di rispondere alle necessità. Infine l’albo dei fornitori di Ict nel quale vengono dati dei giudizi sulla qualità e sui costi della fornitura: l’albo diventa un requisito per la valutazione delle gare affinché siano premiati i fornitori che lavorano al meglio con la PA.

In tema di mobilità del personale può essere affrontando in termini nuovi di lavoro “a distanza”. “In particolare, ove possibile, deve essere previsto che sia il lavoro ad essere riallocato in uffici sottoutilizzati, e non il personale – spiega – Per fare questo tuttavia è necessario avere dei sistemi meno eterogenei tra diverse amministrazioni che lavorano alle medesime tipologie di dati e la possibilità di costruire la circolarità del software utilizzato negli uffici che lavorano alla stessa attività”.

Ad una eccessiva frammentazione dell’organizzazione interna e delle tecnologie adottate si deve invece tendere ad omogenizzare le diverse strutture mantenendo solo la personalizzazione strettamente necessaria.

“Questo, unito ad un sistema di banche dati in cloud, accessibili attraverso un canale sicuro distribuito a livello nazionale (Spc o altro) – conclude il documento – consentirebbe di poter impiegare meglio le risorse umane disponibili e di ottenere notevoli risparmi sul fronte del software e dell’hardware”.

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