Agenda digitale, senza un direttore d’orchestra forte non si va da nessuna parte

Meglio ancora se con competenze anche sulle Tlc, visto che rete e servizi sono sempre più integrati e interdipendenti. Sarà comunque decisivo che Renzi si circondi dei collaboratori giusti per una rivoluzione digitale che non è più rinviabile

Pubblicato il 17 Mar 2014

Gildo Campesato

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Al presidente del Consiglio Matteo Renzi piace sorprendere. E ci ha effettivamente sorpresi quando dopo il giuramento dei ministri si è passati alla sfornata dei sottosegretari. Tutti (o quasi) si attendevano la nomina di un sottosegretario all’Agenda Digitale.

Addirittura, in molti scommettevano su una figura di sottosegretario “potenziato”, sia come ruolo che come ampiezza delle deleghe in suo possesso. Un sottosegretario presso la presidenza del Consiglio; a diretto contatto con il premier così da “assorbirne” l’autorità nei confronti dei molti ministeri coinvolti nelle materie “digitali”. I quali ministeri troppo spesso si sono prodotti in un bailamme confuso e paralizzante di lingue (e di interessi) che hanno bloccato sul nascere le iniziative più innovative.

Senza un direttore d’orchestra forte, non si va da nessuna parte. Meglio ancora se con competenze anche sulle telecomunicazioni, visto che rete e servizi sono sempre più integrati ed interdipendenti. Sappiano che l’ipotesi è stata seriamente presa in considerazione da Renzi, ma alla fine si è preferito rimanere dentro gli schemi tradizionali dell’assetto di governo. Avremmo preferito una soluzione più innovativa, ritenendola più efficace, in particolare vista la mole di impegno e di tempo che richiedono i numerosi punti di riforma digitale proposti da Renzi nel suo programma, a partire dal Jobs Act. Sono riforme, come quella della PA, che esigono iniziative energiche, decise, con piani a lungo termine.

Renzi dice di volersene occupare in prima persona. Sarebbe il massimo, vien da dire. Ci pare però molto alto il rischio che i buoni propositi vengano assorbiti da emergenze più pressanti. Sarà comunque decisivo che Renzi si circondi dei collaboratori giusti per una rivoluzione digitale che non è più rinviabile, pena un ulteriore regresso del Paese. La crescita del Pil, la nuova occupazione e la competitività del Paese (ma anche il taglio del costo della macchina amministrativa e dunque il riequilibrio dei conti) passano da lì.

Sul piatto c’è già la realizzazione delle tre priorità di Caio e poi ci sono le numerose (condivisibilissime) proposte programmatiche di Renzi. Ma si parta, finalmente. Sapendo che per fare le cose non basta un tweet.

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